Mia figlia di 19 anni sta finendo la scuola superiore
e sta scegliendo l’università.
Io la accompagno agli open day della
facoltà, perché mi sembra un bel modo
di partecipare alla sua vita e alle sue
scelte. Vedo anche altri genitori che lo
fanno. Mio marito è contrario, perché
dice che è bene che la ragazza vada da
sola. Io però non voglio influenzarla,
ma solo condividere con lei questi
momenti. Che ne pensa?
MARIA LETIZIA
— Nei giorni scorsi anche il rettore del
Politecnico di Milano ha richiamato i
genitori a non essere invadenti e a lasciare
che la scelta dell’università sia un passo
completamente gestito dai giovani stessi.
Temo che alcuni genitori non valutino
appieno la risonanza delle loro azioni nei
figli. Ragazzi e ragazze di 19 anni hanno
bisogno di sentire che sulle scelte che
riguardano il loro futuro possono guidare
la vita in prima persona. Assumendosene
la responsabilità. Evidentemente ciò può
avvenire se il ragazzo è stato educato
a riconoscersi fin da piccolo responsabile
delle proprie azioni. Ciò non significa
eliminare la presenza dei genitori e il
confronto con loro. Mamme e papà,
a dovuta distanza, possono ascoltare
e sostenere il ragazzo nell’analisi dei pro
e dei contro della sua scelta. Non possono
però influire sulla decisione con la
pressione delle proprie aspettative o dei
propri timori. Possono rispettosamente
avvertire i figli se ritengono che le scelte
vengono fatte in modo scorretto,
cioè senza raccogliere e vagliare
approfonditamente le informazioni
o senza valutare adeguatamente le
proprie risorse personali. Ma non
possono mettere i figli al riparo dagli
insuccessi. Probabilmente su questi
atteggiamenti troppo protettivi o di
accompagnamento oltre i limiti d’età
influiscono la preoccupazione eccessiva
di alcuni genitori per il futuro dei figli
e la difficoltà a riconoscerli come giovani
adulti e a consentire loro di crescere anche
sbagliando. Qualche genitore afferma il
proprio diritto di conoscere l’ambiente
che il figlio frequenterà. Sebbene
sia difficile capirne il senso ultimo,
nessuno può ovviamente impedire a un
genitore di vedere dove il proprio figlio
studierà. L’importante è che lo faccia
separatamente da lui, in un momento
diverso, e possibilmente senza che il
ragazzo lo venga a sapere. La presenza
del genitore può facilmente ingenerare
nel figlio l’idea che sia un’intrusione e che
la mamma o il papà non si fidino di lui e
lo debbano guardare a vista. Molto meglio
che i ragazzi imparino ad affrontare
da soli, o magari in compagnia dei
propri coetanei, l’impatto con il nuovo
ambiente universitario. A casa se ne
parlerà poi, avendo comunque chiaro
che l’ultima parola deve spettare al
futuro studente universitario.
FABRIZIO FANTONI