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martedì 17 settembre 2024
 
Immigrazione
 

«Scene già viste ma della carità si parla poco»

17/06/2015  Parla Alberto Maria Careggio, vescovo emerito della diocesi di Ventimiglia: «La Chiesa con la Caritas come pure tanta gente è impegnata in prima linea per aiutare queste persone anche se la stampa non ne parla quasi mai»

Alberto Maria Careggio, 78 anni. Da gennaio 2014 è vescovo emerito della diocesi di Ventimiglia.
Alberto Maria Careggio, 78 anni. Da gennaio 2014 è vescovo emerito della diocesi di Ventimiglia.

I migranti in attesa sulla scogliera di Ponte S. Ludovico, a Ventimiglia, a un passo dalla frontiera con la Francia. Gli sgomberi di martedì mattina, la resistenza dei profughi, le minacce di alcuni di loro di buttarsi in mare. E poi, la gara di solidarietà di gente comune, parroci, Caritas e Croce Rossa. Sono scene già viste per Alberto Maria Careggio, 78 anni, da uno e mezzo vescovo emerito della diocesi di Ventimiglia - San Remo. Quando qualche anno fa scoppiò un’emergenza come quella di questi giorni, Careggio andò subito per incontrare questi disperati. «Alcuni di loro erano molti introversi e restii a dire anche solo “bonjour”, volevano solo scappare e raggiungere la Francia», ricorda il Monsignore, «altri invece mi raccontavano le loro storie e cercavano aiuto. Il desiderio di tutti era ed è sempre lo stesso: oltrepassare la frontiera e andare via il più presto possibile».

Il vescovo ricorda bene la difficoltà di quei giorni e l’aiuto offerto da numerosi volontari. «So che in questi giorni molti seminaristi della diocesi sono andati a Ventimiglia per dare una mano e offrire un aiuto a queste persone, mi fa davvero piacere», dice, «poi c’è la Caritas, tanta gente comune, la Croce Rossa. Fanno un lavoro enorme e preziosissimo di cui la stampa non parla quasi mai».

Sulla situazione attuale, il vescovo fa una riflessione che va al di là del clamore di queste ore: «Il fatto che a Ventimiglia si ripetano negli anni situazioni di questo tipo è indicativo del fatto che i flussi migratori ormai non sono più un’emergenza sporadica ma un fenomeno da governare con serietà e condivisione. L’Europa dovrebbe fare di più. Capisco anche il rigore della Francia che non fa entrare nessuno se non ha i documenti ma occorre una gestione condivisa avendo rispetto del vissuto di queste persone».

Poi c’è la piaga dei passeur, gli”scafisti della montagna” che si fanno pagare per aiutare i profughi a superare il confine attraverso alcuni trucchi. «È una piaga nella piaga», dice Careggio, «lucrano sulla disperazione di questa gente. Molti di loro vogliono solo ricongiungersi ai familiari che sono già andati in Francia. Ci sono famiglie, donne sole con bambini».

 
 
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