«Siamo umiliati, abbiamo perso la reputazione, siamo diventati pochi. Ma proprio in questa situazione il Signore ci chiama alla missione. In questo contesto dominato dallo scoraggiamento il Signore ci dice: "adesso andate fuori e annunciate la Buona Novella"». Ha raccontato il paradosso che caratterizza l'Austria cristiana, il cardinale Christoph Schönborn. Lo ha fatto in un gremitissimo Duomo di Milano, chiamato dal cardinale Angelo Scola a ragionare di come è possibile concepire l'evangelizzare, oggi, in una grande città, nell’ambito del programma pastorale “Il campo è il mondo”.
«Nell’arcidiocesi di Vienna», ha precisato il cardinale Christoph Schönborn, religioso domenicano d'origine boema, «ci sono 1
milione e 200mila cattolici». La Chiesa austriaca «ha sofferto diverse
umiliazioni negli ultimi decenni», anche perché «storicamente è sempre
stata la Chiesa imperiale, quindi vista come la Chiesa dei superiori
verso cui non c’è fiducia». Attualmente «a Vienna solo il 38% dei
cittadini si dice cattolico» per questo dobbiamo chiederci «cosa sarà la
Chiesa in Austria nei prossimi 20 o 30 anni? La questione della
missione diventa urgente». Innanzitutto «c’è un congedo doloroso da
fare: lasciare il passato che non verrà più, la Chiesa sarà diversa e
sarà missionaria» e dobbiamo avere «il coraggio di scendere» e di
evitare «il liberalismo, che accetta tutto e perde il profilo della vita
cristiana e il rigorismo, che vede solo la legge». Un’esperienza
interessante «è quella di fare assemblee diocesane», ha ricordato l'arcivescovo di Vienna.
«C’è un atto specifico della nuova
evangelizzazione: il faccia a faccia», ha detto ancora il cardinale Schönborn.
Anche i vescovi, ha aggiunto, devono «parlare della propria esperienza
dell’evangelizzazione personale» ma questo esige di «esporsi, di
ammettere fallimenti e paure. Quando faccio una visita pastorale, faccio
un momento di missione in strada. Io, cardinale, mi metto davanti alla
stazione e do ai passanti un piccolo dono con qualche passo della
Scrittura e un sorriso. Ogni volta che lo faccio torno contentissimo a
casa, con una gioia che non si spiega, la gioia dell’evangelizzazione.
Non mi aspetto che la gente la domenica dopo vada in chiesa, ma forse
avrà ricevuto una piccola luce del Vangelo».
Nonostante la crisi di
fede, «la santità esiste anche nella nostra vecchia Europa» e il
cristiano è chiamato a «un impegno sia personale, sia sociale e
politico», perché le «istituzioni sono carismi che hanno trovato una
struttura sociale» e la Chiesa «ha questo dono in tutto il mondo: di
essere carismatica e strutturale».
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