"Epidemia del secolo”.
Così è stato definito lo
scompenso cardiaco
in un recente incontro
che si è tenuto all’Ospedale Niguarda
Ca’ Granda di Milano e in cui si è riflettuto
e discusso sulla diffusione di questa
malattia, sulle innovazioni tecnologiche
per la sua cura e sulle prospettive di ricerca
clinica.
«In effetti, lo scompenso cardiaco è
in aumento e, paradossalmente, questo
accade principalmente perché oggi
ci curiamo meglio», afferma Valeria
Calvi, professore associato di Cardiologia
all’Università e responsabile dell’Uo
di Aritmologia dell’azienda ospedaliera
universitaria Policlinico “Vittorio Emanuele”
di Catania. «Il successo che si è
ormai raggiunto nelle tecniche per la cura
di importanti malattie cardiache (cardiopatia
ischemica, alterazioni delle valvole
cardiache, alcune cardiomiopatie,
cardiopatie congenite) ha diminuito drasticamente
la mortalità, ma nello stesso
tempo ha creato una nuova popolazione
di pazienti che, in conseguenza dell’episodio
acuto, presenta delle alterazioni
nella funzionalità del cuore. A ingrossare
le fila di questa nuova popolazione si
aggiungono coloro che hanno affrontato
con buon esito una patologia tumorale,
per la cui cura però è stato necessario il
ricorso a farmaci cardiotossici.
Infine, va considerato che lo scompenso
cardiaco è una patologia dell’età
avanzata ed è quindi naturale che, con
la crescita dell’età media della popolazione, subisca un aumento anche l’incidenza
di questa malattia».
Un disturbo che condiziona pesantemente
la qualità della vita. Lo scompenso
cardiaco è la manifestazione clinica
dell’insufficienza cardiaca, cioè
l’incapacità del cuore a pompare sangue
in maniera adeguata alle esigenze
dell’organismo. «Il sintomo principale
è la dispnea, cioè l’affanno», spiega la
specialista. «Dapprima compare quando
il paziente compie uno sforzo abbastanza
intenso, ma, col progredire della
malattia, inizia a compromettere anche
attività molto semplici, come lavarsi o
camminare, per arrivare a manifestarsi
persino in condizioni di riposo. Qualche
volta, anzi, quando si è sdraiati il disturbo
è talmente intenso da costringere la
persona a dormire seduta». Si tratta di
una malattia cronica e, a tutt’oggi, non
del tutto curabile. È possibile, tuttavia,
rallentarne la progressione, in modo da
ridurre i sintomi e migliorare la qualità
della vita.
Il primo approccio terapeutico è quello
farmacologico. «I farmaci utilizzati sono
diversi, in genere combinati tra loro:
Ace-inibitori, sartani, betabloccanti,
diuretici», aff erma la professoressa Calvi.
Quando i farmaci sono ineffi caci o
si dimostrano insuffi cienti, oggi si può
contare sulla tecnologia: «Soprattutto in
pazienti affetti da scompenso che hanno
una riduzione dell’attività contrattile
del cuore al di sotto di una certa soglia,
e che sono stati identificati a rischio di
aritmie maligne, è opportuno l’impianto di un device», spiega la specialista.
«Si tratta di un defibrillatore in grado di
riconoscere le aritmie cardiache e di interromperle
quando si presentano. Lo
stesso dispositivo funziona anche come
pacemaker, intervenendo ogni qualvolta
il cuore del paziente abbia un rallentamento
o un arresto. Si tratta pertanto
di un dispositivo salva vita».
In alcuni pazienti l’insuffi cienza cardiaca
si manifesta con una particolare
alterazione: le due camere cardiache
(il ventriloco destro e il ventriloco sinistro)
si contraggono in maniera asincrona,
prima uno e poi l’altro, e questo
influisce in modo ulteriormente negativo
sulla funzionalità del cuore: «Oggi
anche per questo tipo di pazienti si ha
una risposta adeguata, con la terapia
di re-sincronizzazione», spiega
ancora l’esperta. «È stato messo a
punto, infatti, uno speciale device
in grado di inviare impulsi elettrici
opportunamente modulati alle
due camere cardiache in modo che
si contraggano simultaneamente».
I device si impiantano sotto la
pelle, in anestesia locale, attraverso
una piccola incisione sotto la
clavicola.
I risultati sono ottimi: «L’impianto
del dispositivo consente alla
maggior parte dei pazienti di tornare
a svolgere le normali attività
in modo pressoché immediato»,
sottolinea la professoressa Calvi.
«In alcuni casi è possibile anche ridurre
i dosaggi della terapia farmacologica,
che va comunque mantenuta
». Un adeguato stile di vita
può contribuire ad alleviare alcuni
sintomi presenti a tutti gli stadi dello
scompenso cardiaco: riduzione
della quantità di sale assunta con
la dieta (l’eccedenza di sodio porta
l’organismo a trattenere liquidi,
peggiorando i sintomi dello scompenso);
apporto di liquidi costante
e ridotto; attività fisica moderata
(quella aerobica è ottima per rinforzare
il cuore).