Ha battuto una concorrenza agguerrita,
infarcita di bei nomi.
La svedese Ikea, per dire, è arrivata
seconda, seguita da Johnson &
Johnson (Usa), Petrobras e Sadia (entrambe
brasiliane), Nintendo (Giappone),
Dior (Francia), Kraft foods (Usa) e
Mercadona (Spagna): la Singapore Airlines
è al decimo posto, giusto per limitarci
a scrutare la parte alta della classifica.
Il gruppo Ferrero ha vinto uno dei
“campionati mondiali” più curiosi e al
tempo stesso più ambìti dalle aziende
del pianeta, quello curato dal Reputation
Institute di New York, che ogni anno
compila l’elenco delle aziende con
la miglior reputazione presso il pubblico.
Magico potere di tante dolci prelibatezze,
ma soprattutto della mitica Nutella,
apprezzata ovunque, capace addirittura
di spingersi sin sulla linea del fronte,
visto che se ne trovano confezioni
sia a Kabul che a Baghdad.
«Ferrero accanto alla Ferrari, l’eccellenza
italiana all’estero oggi si declina
al plurale», commenta Francesco Paolo
Fulci, 78 anni, dal primo febbraio 2000
vicepresidente della Ferrero international
dopo essere stato diplomatico di
lungo corso, con tappe significative a
Tokyo, Parigi, Mosca, Bruxelles (ambasciatore
alla Nato) e New York (rappresentante
permanente presso le Nazioni
Unite; bloccò il tentativo della Germania
e del Giappone di diventare membri
permanenti del Consiglio di sicurezza,
a danno del nostro Paese). «Il prestigioso
riconoscimento premia chi, come
questo gruppo, produce ricchezza vera
e duratura, non virtuale o effimera.
È altresì
il sigillo di una filosofia. Michele
Ferrero, figlio del fondatore e padre dei
due attuali amministratori delegati
(Giovanni e Pietro), è da sempre fedele
al motto “lavorare, creare, donare”.
L’unica madre dei successi è la fatica».
La Ferrero è quanto di più glocal esista.
«È, infatti, una multinazionale, dunque
globale per definizione, dal momento
che conta 14 stabilimenti, dall’Australia
a mezza Europa, dal Canada e dagli
Usa al Brasile e al Sudafrica,
ma è altresì fieramente
locale, poiché è
da sempre radicata ad
Alba (Cuneo), dove tutto
cominciò», dice Fulci.
Che prosegue: «Affronto
le stesse sfide
che incontrai all’Onu.
Là servivo gli interessi
del mio Paese. Qui opero
per uno dei fiori all’occhiello
dell’economia
nazionale. La ricetta
per vincere è la stessa. Primo: individuare
obiettivi precisi, da perseguire con determinazione.
Secondo: disporre di un
team di collaboratori adeguato. Terzo:
trovare alleati. Quarto: lavorare sodo».
Tutto questo genera qualità. Che
qualcuno tenta di copiare senza tanti
complimenti. «In Cina, la Montresor ci
imitava commercializzando i Tresor
Dor, uguali ai Ferrero Rocher», conclude
Fulci. «Facemmo causa.
Perdemmo
in prima istanza, vincemmo in appello
e il 7 aprile 2008 la Corte Suprema di Pechino
ci diede definitivamente ragione.
Il 14 aprile 2009, invece, è
stata la Corte Suprema arbitrale
russa a dichiararci vincitori nella
battaglia legale per la tutela del
marchio legato ai cioccolatini
Raffaello:
l’azienda Landrin
ne produceva di
molto simili ai nostri.
Ho fatto fruttare
l’esperienza
maturata all’Onu
e le amicizie intessute
al Palazzo di Vetro. Molti dei miei
colleghi di allora sono diventati ministri
degli Esteri: a essi ho presentato il
prestigioso mondo della Ferrero. È il caso,
ad esempio, di Li Zhaoxing, in Cina,
di Sergej Lavrov, in Russia, e di Celso
Amorim, in Brasile».