Natale non sembra Natale: non fa freddo, non c’è neve, nè le illuminazioni tipiche di questa stagione. Il clima resta caldo umido e ci aggiriamo ancora intorno ai 30°, il che significa che basta muoversi durante le ore più calde della giornata per arrivare completamente sudati a destinazione. Il primo segno natalizio l’ho avvistato in un negozio di artigianato locale il mese scorso: un grande Babbo Natale in cartapesta, rosso fiammante color Ferrari, volava sopra le nostre teste, appeso al soffitto. Volava veramente in quanto dotato di ali, quasi fosse la versione 2.0 di quello tradizionale accompagnato da renne e slitta: sicuramente molto più performante nel consegnare tutti i suoi doni ai bambini!
Entrando in alcuni centri commerciali siamo stati inondati dai canti natalizi: sembrano un po’ fuori posto in questo Paese in cui l’85% della gente è buddista, ma non fanno problema a nessuno in quanto non vengono associati alla nascita di Gesù ma solo al clima consumistico dei regali. Sono stato anche a due mercatini di Natale: in una scuola ragazzi e genitori si facevano un selfie seduti su una slitta di cartone con stelle brillanti a fare da sfondo, mentre domenica scorsa in parrocchia il mercatino è diventato l’occasione di fermarsi a fare quattro chiacchiere dopo la Messa.
Mi chiedo: dove si è nascosto il Natale? Intendo quello vero, profondo, in cui si festeggia la nascita di Gesù, il principe della pace, Dio che prende carne in mezzo a noi, dov’è finito? Non occorre andare troppo alla ricerca per cogliere negli animi di tanta gente, buddisti, cristiani, indù e musulmani, un’attesa forte di giustizia e di pace. Da quasi tre anni il Myanmar vive una situazione di guerra civile e ogni giorno, soprattutto negli ultimi due mesi, proprio ogni giorno arrivano notizie di nuovi bombardamenti, nuovi sfollati (che sono già più di due milioni), famiglie divise in tante zone di questo Paese grande più di due volte l’Italia. In questo contesto duro - e permettetemi: inimmaginabile per chi vive da quasi 80 anni in pace, come noi italiani - l’attesa del piccolo Gesù, principe della pace, diventa un grido sofferto, impotente eppure tenace, che si alza in preghiera durante ogni celebrazione. Continuiamo ad invocarTi: vieni Signore Gesù, donaci pace, qui abbiamo veramente bisogno di Te!
padre Dee Win (il nome birmano che ho ricevuto qui)