Dopo la distruzione della statua di Giovanni Falcone alla scuola Falcone del quartiere zen di Palermo sono proseguite le intimidazioni: un uccellino morto e decapitato è stato lasciato davanti alla scuola, messaggio macabro in codice mafioso: il simbolo di chi ha cantato, di chi non ha obbedito al vincolo dell'omertà.
Gesualdo Bufalino diceva che per combattere la mafia, prima che l'Esercito, sarebbe servito un esercito di maestri, don Pino Puglisi insegnava. La scuola è dominio della parola, è il contrario del silenzio. La scuola è il presidio dello Stato dove altri pretendono di comandare, è il luogo in cui si costruisce, attraverso la conoscenza, un'alternativa al degrado. E' il luogo in cui prende vita, e forma fisica, l'articolo 3 della Costituzione, il luogo in cui vive lo sforzo di colmare lo svantaggio di chi nasce nel disagio. E il disagio è grande in un quartiere di urbanizzazione brutale il cui nome è un programma: Zona espansione Nord, figlia degli anni in cui la Conca d'oro si fece conca di cemento, in cui l'amministrazione Cincimino spazzò le ville liberty di Palermo, inondandola di palazzoni senz'anima.
La scuola è il luogo in cui si costruisce l'orizzonte di una vita diversa, un'altra prospettiva, mentre attorno il degrado porta degrado. Proprio quest'anno, per la prima volta, tre alunni diplomati alla Falcone si sono iscritti al liceo, segno che un altro orizzonte è difficile ma possibile. Paolo Borsellino, ucciso in questi giorni 25 anni fa, ripeteva: "Parlate della mafia, parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Ma parlatene".
La scuola Falcone non tace, dev'essere la ragione per cui non piace a molti.
Gli insegnanti e la preside della scuola Falcone rispondendo a un loro alunno hanno scritto una lettera. La Rete la sta diffondendo: l'ha fatto per primo Alessandro D'Avenia, Tuttoscuola ha rilanciato. La diffondiamo anche noi, perché in quella scuola fanno un lavoro prezioso e difficile, non vanno lasciati soli.
“Ciao Gabriele, siamo i tuoi prof a scriverti.
Ieri pomeriggio, quando hai saputo cosa era successo, ci hai mandato questo WhatsApp: “Devono rompere sempre le cose della nostra scuola!”. Non sai quanti tuoi compagni si sono dispiaciuti ed arrabbiati: hanno scritto messaggi Giuseppe, Salvatore, Aurora, Alessandro, Sabrina e tantissimi altri… Hai ragione. Ci sono alcune persone che ‘devono rompere’: è molto facile rompere, per un po’ anche divertente. Addirittura per qualcuno è l’unico modo per mostrare che esiste! Però chi ha bisogno di rompere diventa un grave problema per gli altri: non si può certo vivere accanto ad una persona che rompe; ed infatti è costretto a farlo di notte, di nascosto, quando nessuno lo vede, in modo vile. Chi rompe è vile!
E così chi rompe viene escluso, emarginato, costretto a stare in un ‘branco’ con altre persone che rompono e a trascorrere la vita con queste a farsi del male a vicenda, cercando di prevaricare gli uni sugli altri. Nel tuo messaggio ti chiedi anche perché questi ce l’hanno con ‘la nostra scuola’…
Perché la scuola è il luogo in cui, assieme alla tua famiglia ed ai tuoi prof, si costruisce: si costruisce il tuo pensiero, che ti renderà una persona responsabile, libera e nobile; si costruisce il primo nucleo di relazioni significative in cui esercitare la generosità, il rispetto dell’altro e la magnanimità; si costruisce, infine, il grande edificio delle qualità personali che saranno strumento del tuo lavoro: ecco, il lavoro… forse non ne hai sentito parlar bene, perché quelli che rompono lo bistrattano, lo ripugnano e lo disprezzano…
Ma sarà il tuo lavoro, onesto e appassionato, che ti renderà autonomo, capace di crescere una famiglia e, non trascurarlo, di contribuire al bene comune: e riconoscerai, allora, che la scuola è il bene comune più prezioso da difendere. Che gran bisogno ha la società di avere persone con queste qualità! Il giudice Giovanni era una di queste persone, ha costruito edifici che risplendono di giustizia e di legalità.
La vita sua, di Paolo, di Padre Pino e di tutti questi eroi ci commuovono e ci appassionano, e continueremo a raccontarle e a conoscerle per imparare ad essere persone migliori.
Pensa un po’, chi rompe si illude che danneggiare una loro immagine possa danneggiare questi edifici… Ma non sa che ai tuoi prof, che vivono la scuola ed il quartiere assieme a te, piace costruire, a volte anche riparare, e lo faranno sempre con entusiasmo e determinazione. Ci rivediamo a settembre, un arrivederci a te e a tutti gli alunni della scuola Falcone. I tuoi Prof e la tua Preside”