L'ora x per tanti professori precari della scuola, circa 100mila, è scattata ieri alle 14: a quell'ora scadeva il termine per presentare la domanda di accesso al concorso per il piano di assunzione di ruolo a tempo indeterminato, che recluterà in tutto 103.000 docenti.
A far discutere è il fatto che la legge approvata cambia sensibilmente le regole del gioco: il reclutamento non è più su base locale, ma nazionale, il che significa che l'agognato posto di ruolo potrebbe arrivare a centinaia o a migliaia di chilometri da casa. All'ultima stima le domande erano 66.000 circa, si calcola che saranno 75.000 all'ora fatidica, il che significa che su cinque quattro precari avranno fatto domanda e uno vi avrà rinunciato per non rischiare il trasferimento.
Se gli assunti nella Fase 0 e nella Fase A sono destinati a restare nel luogo in cui ora sono iscritti in graduatoria, il problema si pone soprattutto per i precari da assumere nella Fase B e C, iscritti nelle graduatorie del Sud e delle Isole, che rischiano di finire al Nord, dove i posti sono di più.
Se da un lato, in altri ambiti, in cui del posto fisso neanche si vede il miraggio, ci si chiede se 103.000 posti di ruolo non siano comunque un'opportunità da salutare con favore. Dall'altro, tanti professori precari e numerose organizzazioni sindacali, mostrano il loro disagio davanti al dilemma: fare domanda e rischiare un posto fisso lontano? O non farla e restare a raccogliere briciole di precariato nelle graduatorie ad esaurimento a casa (rinunciare dopo vorrebbe dire perdere il posto in graduatoria).
Per molti, dicono all'Anief, sarà un salto nel buio: «Non sono state fornite indicazioni sulla consistenza dei posti liberi, nemmeno quelli residui dopo le prime fasi del piano, lasciando quindi i docenti interessati nell'incertezza totale». Stando all'analisi di Orizzonte scuola, altro sindacato critico come pure la Cigl: «A non rischiare e quindi a non candidarsi, saranno soprattutto donne del Sud, spesso sopra i 40 anni, con figli e genitori da accudire».