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venerdì 25 aprile 2025
 
LE COSE DA SAPERE
 

Scuola, lavoro, ospedali, il rientro alla prova della variante Omicron

04/01/2022  Omicron galoppa, il tentativo di convivere con il virus si scontra con la diffusività della nuova variante. Vediamo quali sono i nodi da sciogliere in vista della ripresa post natalizia

Quale sia il rischio che aleggia sul rientro al lavoro, a scuola, all’università dal periodo natalizio si comprende molto bene da una proiezione disegnata da Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe – Fondazione indipendente che dall’inizio monitora i dati sulla pandemia da Sars-CoV-2 ¬– a Radio Cusano Campus: «Ogni 100mila persone positive, 1.100 vengono ricoverate in area medica e 120 in terapia intensiva.(...) Con questo tasso di crescita rischiamo di arrivare a 2 milioni di positivi e se anche il tasso dei ricoveri fosse l'1% avremmo 20mila persone in ospedale». Da qui parte o dovrebbe partire il dibattito che dentro il Governo prelude a nuove decisioni, previste in questi giorni, per evitare di giungere a numeri rischiosi anche per l’economia, perché 2 milioni di persone in malattia contemporaneamente rischiano di paralizzare imprese e servizi.

ALLA RICERCA DI UN COMPROMESSO PER CONVIVERE CON IL VIRUS

Il dibattito nella maggioranza riflette interessi (elettorali e d’altro genere) diversi: il nodo complessivo è tenere il più possibile aperto il Paese che sta trainando la crescita in Europa: il problema è che con Omicron - che ha spiazzato anche gli esperti con la sua diffusività superiore a qualsiasi altro virus umano in circolazione – “il più possibile” non può probabilmente significare “tutto”, pena una circolazione virale che può andare fuori controllo in poche settimane. Si tratta di trovare un compromesso che non sia solo politico, ma che consenta una convivenza con il virus che non induca lo stesso a vincere a mani basse la sua battaglia. Compromesso non facile, perché ognuno cerca di proteggere l’orticello gradito al proprio elettorato e perché le incognite sulla nuova variante apparsa da poco sono ancora tante. Sembra però ormai chiaro che, facendo una scala di priorità, a qualcosa si debba rinunciare.

LA SCUOLA

  

Omicron non solo contagia a un ritmo largamente superiore alle precedenti varianti, ma aggredisce, più delle altre, bambini e ragazzi. Si calcola che il 24% dei contagi attuali (in Lombardia decuplicati in 10 giorni) sia in under 19, mentre le scuole sono chiuse per le vacanze di Natale. Ci si interroga se l’attuale regime, quarantena per la classe al terzo contagiato, sia adeguato a rispondere a una variante più diffusiva, quando i contagi maturati fuori possono portare il virus dentro le classi alla ripresa. L’impegno ribadito del Governo è non tornare alla Dad, fonte di gravi innegabili costi formativi, sociali, emotivi e di diseguaglianza per gli studenti già sostenuti troppo a lungo negli anni scorsi, e riprendere subito regolarmente la scuola, ma alcuni presidenti di Regione chiedono di ritardare il rientro in classe dopo Natale. Rimane aperta una riflessione sulla gestione delle quarantene, perché la scuola specie nella fascia primaria e secondaria di primo grado è in prevalenza una platea di non vaccinati. Solo il 9% degli under 11 ha una dose di vaccino. Se da un lato l’obbligo vaccinale imposto agli insegnanti tutela gli stessi e il loro lavoro, non impedisce che il contagio possa viaggiare tra i ragazzi e di lì passare alle famiglie compresi i fragili.

IL LAVORO

Sui luoghi di lavoro, cui ancora si può accedere senza green pass rafforzato, rischiano di scaricarsi le incognite della variante omicron: troppe persone contagiate sono funzioni mancanti al lavoro. Si dibatte di come bilanciare l’esigenza di continuare a produrre con l’impatto della pandemia: in molti Paesi europei si agisce in modo da potenziare lo smart working nelle funzioni in cui si può praticarlo, per consentire a chi non può farlo per ragioni ovvie di proseguire il resto del lavoro, decongestionando contemporaneamente la circolazione delle persone (mezzi pubblici, pendolarismo etc). Molte aziende private, soprattutto grandi, anche in Italia stanno regolando così i primi periodi di rientro post natalizio. Tiene il punto invece sul 49% minimo di presenza il ministro Brunetta cui compete la Pubblica amministrazione, anche se sindacati ed esperti premono per un potenziamento dello smart working negli uffici. Resta il nodo delle funzioni che devono necessariamente andare in presenza pena lo stop: nella maggioranza si discute se sia ancora accettabile il rischio di lasciare entrare nei luoghi di lavoro con un tampone ogni due giorni o se vada esteso al di là di sanitari, insegnanti e forze dell’ordine l’obbligo vaccinale. Le posizioni non sono concordi. Resta il fatto che anche in caso di estensione, un ciclo vaccinale impiega 5-6 settimane per essere pienamente efficace.

GLI OSPEDALI

  

Con tre regioni sull’orlo della zona arancione, parametrata sulla tenuta del sistema sanitario, sono gli ospedali la cartina di tornasole e il nodo critico dell’espansione dei contagi: se troppi sanitari vanno in malattia (è di pochi giorni fa l’allarme di un +210% di contagi tra i sanitari lanciato da Fnopi, un dato contenuto solo dalla diffusione della vaccinazione con tripla dose), il funzionamento degli ospedali sia nel trattare casi Covid, sia nel trattare il resto delle patologie va in affanno, un affanno che si può combinare con la crescita dei contagi a livello generale, perché dove, per le ragioni spiegate da Cartabellotta, cresce il numero delle persone contagiate, cresce anche il numero assoluto dei casi destinati al ricovero e alla terapia intensiva. Dove il sistema non tiene le persone non sono più assistite in modo adeguato e il rischio sale per tutti.

LE INCOGNITE DI OMICRON

Epidemiologi, virologi e infettivologi, studi alla mano, suggeriscono di prendere con cautela l’ipotesi che la variante Omicron, certamente più diffusiva, sia anche in proporzione meno “abile” a infettare i polmoni, tendendo a fermarsi alle vie respiratorie superiori, perché circola da poco tempo e mancano ancora le prove certe del fatto che davvero le cose stiano così, dato che a determinare il minor numero dei ricoveri potrebbe essere più l’alto tasso di vaccinazione (che un po’ cede rispetto all’infezione, ma tiene rispetto alla gravità della malattia) più che l’intrinseca “bontà” della nuova variante. Tanto più che in Italia la popolazione con un’età media elevata ha molti fragili e restano ancora milioni di persone attive, in fascia d’età tra i 30 e 60 anni, non coperte da vaccinazione, esposte agli stessi esiti infausti delle varianti precedenti. A questo, spiegano, si aggiunge l’altra incognita: un virus che circola molto tende a mutare e non ci sono prove che consentano di prevedere che le mutazioni che dovessero sopravvenire siano favorevoli all’uomo.

I NODI SUL TAVOLO

  

Fermo restando che ospedali, scuole, lavoro sono tutti tasselli decisivi per non fermarsi, sembra un fatto che su qualche punto qualcosa si debba cedere, a partire dalle cose meno essenziali o “sostituibili” senza troppi traumi: si tratta di stabilire la scala di priorità, per trovare una via di convivenza con la variante Omicron che non preluda a nuove più drastiche chiusure. Ferma restando l'importanza delle scuole da ribadire anche continuando a incoraggiare la vaccinazione dei più piccoli. Tanto più che dibattito in corso in tutta Europa chiarisce quanto difficile sia fronteggiare una variante che tende a scappare di mano per la sua velocità. 

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