Si parla dell'esperienza di Barbiana, si legge la lettera dei ragazzi di don Milani a Mario Lodi. Sul sagrato di San Pietro, gli oltre 300 mila convenuti per l'inconto della scuola con il Papa ascoltano le parole del 1963: «Questa scuola senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi
giorni ha appassionato ognuno di noi a venirci. Non solo: dopo pochi mesi
ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé.
Ma ci restava da fare ancora una scoperta: anche amare il sapere può essere egoismo.
Il priore ci propone un ideale più alto: cercare il sapere solo per
usarlo al servizio del prossimo, per es. dedicarci da grandi
all'insegnamento, alla politica, al sindacato, all'apostolato o simili.
Per questo qui si rammentano spesso e ci si schiera sempre dalla parte
dei più deboli: africani, asiatici, meridionali italiani, operai,
contadini, montanari.
Ma il priore dice che non potremo far nulla per il prossimo, in nessun campo, finché non sapremo comunicare.
Perciò qui le lingue sono, come numero di ore, la materia principale.
Prima l'italiano perché sennò non si riesce a imparar nemmeno le lingue straniere.
Poi più lingue possibile, perché al mondo non ci siamo soltanto noi.
Vorremmo che tutti i poveri del mondo studiassero lingue per potersi
intendere e organizzare fra loro. Così non ci sarebbero più oppressori,
né patrie, né guerre». Il Papa ascolta con attenzione e sottolinea, con il sorriso o con un cenno della testa i passaggi che più lo coinvolgono. Le esperienze sono tante, di integrazione, di attenzione agli altri, di sperimentazione di metodi educativi. La scuola italiana, pubblica e privata, si presenta in piazza San Pietro con le sue ricchezze. E con un grande spettacolo colorato, con tanti ospiti, che il Pap asubito apprezza: «Grazie per questo incontro, è una bella cosa». E poi ringrazia ancora per la manifestazione «perché è una festa, non è contro, ma è per. Non è un lamento».
Il Papa sottoliena con insistenza il suo amore per la scuola e prova a spiegare che il primo motivo del suo amore è legato alla sua prima maestra: «Ho sentito qui che non si cresce da soli, è sempre uno sguardo che ti aiuta a crescere. E io ho l'immagine della mia prima insegnante, che mi ha preso al primo anno. Lei mi ha fatto amare la scuola, io sono andato a trovarla durante tutta la vita finché è mancata a 98 anni. Quest'immagine mi fa bene, amo la scuoa perché quella donna mi ha insegnato ad amarla». E poi, papa Francesco cita a sua volta don Milani per spiegare il secondo motivo dle suo amore: «Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Andare a scuola significa aprire il cuore e la mente alla realtà nella ricchezza dei suoi aspetti e delle sue dimensioni. Non abbiamo diritto ad avere paura della realtà, la scuola ci insegna a capire la realtà. Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi si approfondisce. Ma l'importante è imparare a imparare: è questo il segreto, questo rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà. Quello lo insegnava nche un grande maestro italiano che era un prete, don Lorenzo Milani».
E un altro motivo di amore «è che la scuola è un luogo di incontro e tutti noi siamo in cammino. La scuola non è un parcheggio, è un posto di incontro nel cammino. Si incontrano i compagni, gli insegnanti, il personale assistente, i genitori incontrano i professori, i presidi incontrano le famiglie, eccetera. Oggi abbiamo bisogno di questa cultura dell'incontro per conoscerci, amarci, camminare insieme. Questo è un compimento alla famiglia, la famiglia è il primo nucleo ci accompagna sempre nella vita, ma a scuola socializzazmo, incontriamo persone diverse da noi, la scuola è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte, sono complementari».
Per spiegare meglio il Papa fa ripetere a gran voce a tutta la piazza un proverbio africano «tanto bello: per educare un figlio ci vuole un villaggio».
Ed infine «amo la scuola», dice Francesco, «perché ci educa al vero, al bene e al bello, vanno insieme tutti e tre. Se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella. E insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita. L'educazione non può essere neutra, o è positiva o è negativa, o arricchisce o impoverisce, o fa crescere la persona o la deprime, e persino può corromperla». E ancora chiama la piazza a ripetere «quello che abbiamo sentito oggi, che è importante: è sempre meglio una sconfitta pulita che una vittoria sporca. Ricordatevelo, questo ci farà bene per la vita. Diciamolo insieme: sempre è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca».
Nella scuola non solo impariamo conoscenze, ma anche abitudini, e valori. E per questo il Papa augura a «genitori, insegnanti, persone che lavorano nella scuola, studenti, vi auguro una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue che una persona matura e deve saper parlare, la lingua della mente, del cuore e delle mani: pensare quello che senti, sentire bene quello che pensi e fare bene quello che pensi e senti. Le tre lingue armoniose e insieme. E, soprattutto, ripete, Non lasciamoci rubare l'amore per la scuola».