L’anno prossimo mia figlia finirà la scuola elementare e dovremo scegliere se continuare nell’attuale istituto omnicomprensivo o se scegliere una scuola media vicino a casa dove partirà una sperimentazione “all’americana” in cui non sono gli insegnanti a girare sulle classi ma gli alunni. Non ne so molto e ho sentito voci discordanti, ma devo dire che l’idea non mi dispiace. Cosa ne pensa? CHIARA —
Cara Chiara, negli ultimi anni stanno aumentando gli istituti scolastici che, dalle elementari alle superiori, stanno sperimentando nuovi modelli didattici grazie alla loro autonomia. Però l’espressione che tu usi, scuola “all’americana”, farebbe venire i capelli dritti a molti dirigenti scolastici e insegnanti: infatti questa sperimentazione prende il nome di “Dada”, cioè Didattica per ambienti di apprendimento. In Italia sono un centinaia gli istituti che hanno adottato tale metodologia.
La sua caratteristica fondamentale è l’applicazione di un nuovo modello organizzativo nel quale l’aula non è più in uso alla classe ma è gestita dal dipartimento di materia e assegnata a uno o più insegnanti della stessa disciplina. Ci sono quindi l’aula di matematica, l’aula di lettere, i laboratori di tecnologia e di lingua e così via. Gli alunni vengono accolti nell’aula che è dedicata alla materia in un contesto in cui i docenti della disciplina insieme ai loro studenti possono organizzare gli spazi. Banchi sistemati a isola, a ferro di cavallo o come più funzionale alla lezione che si vuole tenere. E poi colore delle pareti, poster, cartine, una piccola libreria con volumi che aiutino nello studio della disciplina ma anche strumenti informatici e digitali. È evidente che l’ambiente non è solo lo spazio fisico, ma è soprattutto relazione ed emozione e sappiamo che questi due elementi sono quelli che più favoriscono l’apprendimento. E questa relazione può svilupparsi meglio se il luogo in cui ci troviamo è caldo e creato insieme. L’obiezione che spesso viene fatta è: ma non si può fare nelle solite aule? Certo che si può, ma a ogni cambio d’ora dovrebbe cambiare inevitabilmente il setting, cosa che evidentemente non è possibile.
Ciò determina una cristallizzazione della didattica tradizionale che difficilmente riesce a uscire dai binari della didattica frontale che, come evidenziato da molte ricerche in ambito pedagogico e non solo, poco si adatta ai nostri studenti della generazione Z. Si è notato come nelle sperimentazioni Dada i ragazzi che si spostano per cambiare aula abbiano un’attenzione riattivata legata al movimento per raggiungerla e anche da come possano decidere di stare al suo interno cambiandola ogni due ore. Una scelta come questa ha però bisogno di progettazione, spazi adeguati e di un corpo docente motivato al cambiamento che si voglia formare. Ben venga quindi il cambiamento che arriva dal basso, dalle singole scuole, perché, anche se troppo spesso non si vede, la scuola si muove!