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mercoledì 21 maggio 2025
 
 

Paritarie, Renzi conferma gli aiuti ma rinvia tutto

04/03/2015  Annunciate le detrazioni fiscali. Per il ministro Giannini "un cambio culturale molto importante". ma intanto il Governo prende tempo e rinvia tutto al Parlamento

(Nella foto: il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini)

A quanto pare l'appello dei 44 parlamentari del Pd in favore delle detrazioni fiscali (cui si è aggiunto un appello analogo di 39 parlamentari di Forza Italia)
non è rimasto lettera morta. Il Governo ha annunciato che la misura verrà inserita nel disegno di legge sulla "buona scuola". Ha ragione il ministro Stefania Giannini a definirlo "un cambio culturale importante" perché non si considera più la scuola non statale come qualcosa di avulso dal sistema di istruzione italiana, ma parte integrante (quando non lo è addirittura di supplenza, come avviene per le scuole materne). Fa anche piacere assistere a documenti "bipartisan" su temi che riguardano la libertà scolastica sancita dalla Costituzione e uscire dalle logiche di schieramento (ha firmato per la detrazione fiscale anche un laico orgogliosamente dichiarato come l'onorevole Renato Brunetta). Il Governo però ha preso tempo e ha rinviato tutto il pacchetto della "buona scuola", finora limitato alle sue linee guida e privo di decreti attuattivi. Niente decretazione, come era avvenuto con il Jobs Act. Certo la scuola è materia complessa e il dibattito, purché nei limiti temporali, è sempre ben accetto. Ma il rischio è che i provvedimenti si perdano per strada, detrazioni comprese.


Ma perché la detrazione fiscale per la scuola paritaria e non i finanziamenti diretti (che già ci sono nella misura di 500 milioni di euro l'anno)? E' già stato ricordato ampiamente. In Italia chi sceglie una scuola non statale la paga due volte: con le tasse sul reddito e con le rette private. Ecco perché il primo principio che deve valere ogni volta che si parla di sistema d’istruzione è che se si parla di “buona scuola”, questa non può essere solo statale, ma anche paritaria. Da questa pluralità di offerte formative il sistema educativo italiano trae la sua ricchezza e restituisce alle famiglie la vera libertà di scelta (naturalmente in base agli standard nazionali ed europei fissati dallo Stato, cui spetta il compito di giudice di garanzia e di controllo della qualità dell’offerta formativa). Lo strumento della detrazione fiscale (o del bonus scuola, per gli incapienti)  è uno strumento innovativo e prezioso, di aiuto concreto a quei genitori che scegliendo una scuola paritaria devono accollarsi rette sempre più alte, spesso impossibili per chi ha un reddito medio-basso. Non a caso molti istituti  si sono estinti per mancanza di fondi.

Allo Stato ogni alunno di scuola paritaria costa annualmente 584 euro nell’infanzia, 866 euro nella primaria, 106 euro nella scuola secondaria di primo grado, 51 euro nella scuola secondaria di secondo grado. Invece la spesa per studente delle istituzioni scolastiche statali è di 6.351 per la scuola primaria, 6.880 per la scuola secondaria. In totale oggi il milione di studenti delle paritarie può contare su 5oo milioni offerti dallo Stato. Ma se è vero che il costo medio di uno studente statale è di oltre 6.000 euro, ecco che i finanziamenti ammontano a un dodicesimo del necessario. Il resto lo mettono i drigenti, il personale, gli educatori (con stipendi da fame, quando non si tratta di religiosi che lo fanno per vocazione e non hanno mai visto una busta paga), le famiglie e pochi altri sostegni di altre Regioni, sistematicamente bollati dalle opposizioni, soprattutto quelle di sinistra, come “contributo alla scuola dei ricchi”. Peccato che la fame endemica in cui versa la scuola paritaria, costantemente sull’orlo del fallimento, sortisca esattamente l’opposto, perché favorisce i ricchi a scapito dei poveri.

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