Resistere e ancora resistere. Di fronte ai dati, drammatici, anticipati da Tuttoscuola sulle rilevazioni del Miur, che lanciano l’allarme sulla crisi delle scuole paritarie (negli ultimi due anni sono state chiuse 349 scuole e si sono registrati 75mila alunni in meno), la presidente di Fidae Lombardia, suor Anna Monia Alfieri si dice addolorata ma non sorpresa.«La scuola paritaria sta vivendo un momento difficile, che non è iniziato solo con la crisi economica. E’ necessario avere coraggio, guardarsi dentro e molto indietro nel tempo per capire come rialzarsi», commenta ricordando che la posta in gioco è molto più alta della chiusura di un certo numero di istituti: «E’ la capacità di far rinascere l’Italia, di restituire ai genitori una piena libertà di scelta in un sistema educativo pluralistico, di rimettere davvero la famiglia al centro della nostra società».
A subire il colpo peggiore, nell’ultimo anno scolastico, sono state le scuole dell’infanzia, con 272 chiusure, in parte a causa della crisi e in parte della denatalità. E almeno altri 100 istituti, secondo una proiezione statistica, chiuderanno anche quest’anno. Ancora più impressionante è la perdita di studenti: a causa dei costi di gestione che ricadono sulle spalle delle famiglie e la chiusura di diverse sedi scolastiche, le scuole paritarie, dall’infanzia alle superiori, hanno perso dal 2012-13 al 2014-15 più di 75 mila alunni, pari ad una flessione del 7,3%.La scuola dell’infanzia ha fatto registrare circa 38 mila iscritti in meno (quasi un -6%). La scuola primaria nel medesimo periodo ha registrato una flessione di oltre 9 mila alunni (-4,7%).Pesante il calo anche nella secondaria: 20.566 studenti in meno negli istituti superiori (-15,4%) e 7.647 nel I grado (-11%).Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, il maggior calo di iscritti si è registrato in Lombardia (quasi 7 mila in meno), in Campania (-5.600) e in Veneto (-5.200); il Mezzogiorno ha perso quasi 14 mila iscritti nell’infanzia tra il 2012-13 e il 2014-15.
Cosa sta succedendo? «Una scuola non chiude dall’oggi al domani», spiega suor Anna Monia. «Questo è un fenomeno che nasce da lontano e da diverse ragioni. Prima di tutto l’incapacità, nonostante tutti i buoni propositi, di inserirsi sul territorio facendo rete, impegnando tutte le energie possibili a creare sinergie e alleanze tra scuole. E poi la tendenza all’autoreferenzialità, l’incapacità di uscire allo scoperto e farsi conoscere».Questa difficoltà nel comunicare è stato, sottolinea la presidente di Fidae Lombardia, un grave ostacolo a far comprendere il ruolo e l’identità delle paritarie «non solo ai cittadini, ma persino alle istituzioni!», dice la presidente, che chiarisce: «Se non comprendo che la paritaria è una scuola pubblica e non è una scuola dei ricchi, se non so che le paritarie accolgono moltissimi bambini provenienti da famiglie in difficoltà e che per farlo s’indebitano, se non comprendo la peculiarità e la qualità del messaggio educativo perché, in un momento di crisi economica come questo, dovrei sceglierla? E perché, come istituzione sul territorio, dovrei dialogarci e difenderla?».
E’ su questo black out informativo, su questo isolazionismo intellettuale che si è giocato il destino di tante scuole paritarie, riflette suor Anna Monia. «E’ stato perso molto tempo prezioso perché noi siamo un servizio pubblico e la Buona Scuola è davvero una riforma ricca di contenuti positivi: i criteri di merito, di valutazione, di pubblicità e trasparenza devono appartenerci perché sono già nel nostro dna. Dobbiamo combattere per difendere la libertà di scelta delle famiglie - che hanno già pagato le tasse e dunque non dovrebbero essere sottoposte a ulteriori sacrifici - in un sistema pluralistico. La scuola unica è una scuola di regime. Sono disposta a veder chiudere le paritarie solo quando le famiglie, dopo essere state pienamente informate e messe economicamente nelle condizioni di scegliere, non ci sceglieranno».
L’analisi della presidente lombarda prosegue con lucida autocritica: «Il trend negativo è anche legato a una crisi delle vocazioni, che è in atto da almeno un ventennio», dice. «E dalla difficoltà a scegliere criteri di gestione innovativi, che prevedano un management adeguato e strategie di marketing. Strumenti che non snaturano affatto il carisma, che anzi va coltivato e trasmesso anche ai laici. Non ci sono più soldi e non ci sono più persone. Eppure, mi dico, i nostri fondatori hanno aperto proprio in assoluta mancanza di mezzi. Allora cosa ci manca oggi? Lo scarto è dato, forse, dalle buone idee».Gli istituti religiosi sono nati per rispondere ai bisogni della gente laddove lo Stato non era in grado di intercettarli. «Oggi la scuola italiana è diventata classista, perché i poveri non possono fare una scelta educativa in piena libertà», sottolinea suor Anna Monia. «E’ una scuola regionalista, visto che i risultati Ocse sulle performance degli alunni mostrano un grave divario Nord-Sud. E’ una scuola discriminatoria, visto che gli alunni non sono tutti uguali, i ragazzi disabili ad esempio non hanno ancora oggi la certezza del sostegno scolastico. Nemmeno i docenti sono tutti uguali: quelli delle paritarie, che pure sono scuola pubblica, vengono pagati meno degli altri».
Come reagire a questa situazione? «Tenendo duro, trovando tutte le strategie possibili», è l’invito vibrante della presidente di Fidae Lombardia. «Difendiamo la scuola per risollevare il nostro Paese, per il futuro dei nostri ragazzi. Come Don Milani, mi sento di dire ancora I care, ho a cuore l’Italia. Andiamo avanti».