CLINT ESTWOOD CON DONALD TRUMP Mentre molti parlamentari e personaggi illustri abbandonano la barca piena di falle di Donald Trump, a gettargli un'inaspettata un'ancora di salvataggio è Clint Eastwood, il grande attore e regista.
Che il regista di I ponti di Madison County, Mystic River, Million Dollar Baby e Gran Torino si schieri dalla parte dei Repubblicani non è certo una novità. Eastwood aveva appoggiato Nixon - al quale peraltro Trump si ispira - nel 1960, poi Reagan, Bush senior, i candidati e sconfitti McCain e Romney, non per Bush junior, colpevole, secondo lui, per la guerra in Iraq, ora infine per Trump.
Non siamo di fronte a un colpo di testa, dunque, ma a una scelta coerente con tante altre che l'hanno preceduta: Clint Eastwood si riconosce nei Repubblicani. Certo, si può obiettare allora che il mancato appoggio a Bush junior non è coerente, dato che l'intervento militare, anche nella versione di "esportare la democrazia", è nel Dna dei repubblicani.
CLINT E QUELLA SEDIA VUOTA
Lasciò poi attoniti i suoi fan, e non solo, il triste siparietto che Clint Eastwood mise in scena alla Convention repubblicana del 2012, quando il nostro apparve sul palcoscenico accanto a una sedia vuota e si lasciò andare a 11 terribili minuti di attacchi contro Barak Obama, vuoto - questo era il messaggio - come la sedia lì accanto...
E lascia un po' smarriti anche quest'ultima scelta di spendersi accanto a un personaggio discutibile e messo sempre più in discussione persino da ambienti filorepubblicani e conservatori come Donald Trump. Se proprio Hillary Clinton non gli andava a genio, il che era prevedibile, ci si aspettava almeno che si chiamasse fuori dalla contesa, che questa volta rimanesse in silenzio. E invece...
CLINT EASTWOOD E IL SOGNO AMERICANO
Molti dei suoi fan, che l'hanno ammirato prima come attore poi come regista, ritengono che vi sia una colossale contraddizione fra il suo cinema e le sue idee politiche. Un giudizio in realtà infondato, almeno in parte. Se è vero che Clint Eastwood ha dimostrato di essere capace, soprattutto come autore, di guardare a fondo nell'animo umano, lo è ancora di più che le sue storie continuano a raccontare un americano medio, individualista, nazionalista, innamorato di un Paese e di un sogno che non esistono né esisteranno più.
Per questo la scelta di campo di Clint, soprattutto oggi che incarnare la Grande America e il Grande sogno americano è una figura debole e rozza come Donald Trump, appare anacronistico.