Un atto vandalico, nella sua gratuità, è sempre stupido. Lo è di più, perché maggiormente offensivo, quando colpisce qualcosa di prezioso, come un’opera d’arte antica, per definizione irripetibile e irreparabile: lì il danno è per sempre, nessuno può ricostruire e riparare quando si rovina qualcosa che vale perché figlio del tempo che l’ha tramandato e che, se va bene, lascia nell’oggetto traccia di sé, usura dei secoli permettendo. Esiste il restauro, ma è sempre un rimedio conservativo che salva il salvabile, ma non porta indietro l’orologio, come ben dovrebbero sapere studenti di Belle arti.
L’atto vandalico non si giustifica mai, ma si può certe volte spiegare con l’ingnoranza e con il degrado culturale, morale, intellettuale in cui si può avere la sventura di crescere. Può accadere che chi rovina lo faccia con lo scopo di rovinare, cosa in sé negativa, ma non abbia per inspienza la percezione del valore di quanto sta danneggiando. Quando, però, si apprende che a imbrattare di vernice rossa un leoncino del lato nord di San Marco, a Venezia, sono stati studenti; di più: studenti universitari, abbondantemente maggiorenni; ancora di più: studenti di Accademia di Belle arti, si viene colti da un sentimento di irrimediabile desolazione. Cui non può non seguire l’indignazione razionale per l’imbecillità senza fondo di un gesto inutile quanto più grave proprio perché compiuto da chi ha il dovere anche morale di capire ciò che sta facendo.
Se, infatti, come sosteneva Carlo M. Cipolla nell’Allegro ma non troppo, la cultura non è mai stata un vaccino contro la stupidità, l’ignoranza profonda presente nell’atto vandalico sull’opera d’arte non è ammessa né ammissibile da parte di chi ha avuto l’opportunità, non a tutti concessa, di accedere agli studi superiori proprio in quel campo. E vien da chiedersi come sia possibile attraversare, Impermeabili, anni e anni di istruzione uscendone con il grado zero del discernimento.
Si legge la notizia dell’identificazione dei vandali ricavandone una sensazione di irrimediabile spreco, di tempo e di opportunità sperperate: se a imbrattare un’opera d’arte ci sono studenti universitari e per di più di arte, lo sfregio, infatti, non si ferma al leoncino, prosegue con lo schiaffo a tutti coloro che avrebbero voluto le stesse occasioni nella vita e non hanno potuto averle; con lo sfregio all’istituzione che dovrebbe formarli con dispendio di risorse da parte dello Stato e contributi dei cittadini.
Sarà pure una «bravata» come hanno detto i quattro identificati che hanno ammesso «avevamo bevuto». Ma è difficile immaginare che si possano sotterrare i cinque talenti più di così, coram populo, con un gesto nella sua gratuità imbecille platealmente simbolico del diritto allo studio abusato e imbrattato.