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sabato 14 settembre 2024
 
"Se Dio vuole" al cinema
 

Se Gassman fa il prete

08/04/2015  Il popolare attore in "Se Dio vuole", nella sale da oggi, è don Pietro, un sacerdote che non ha paura di sporcarsi le mani. La sua testimonianza "convince" un ragazzo a seguire la sua vocazione, portando grande scompiglio nella sua famiglia borghese. Don Pietro è il primo prete cinematografico dell'era di papa Francesco. Sul numero di Famiglia Cristiana in uscita domani un'ampia intervista a Gassmann.

La copertina di Famiglia Cristiana in edicola da oggi.
La copertina di Famiglia Cristiana in edicola da oggi.

Forse è colpa di Papa Francesco se lo sceneggiatore Edoardo Falcone ha realizzato il suo primo film. Una commedia “francescana” di grande semplicità e trasparenza. Passando dalla pagina scritta a dietro la macchina da presa, il neo-regista porta all’attenzione della gente un tema che “il papa venuto dalla fine del mondo” ha restituito all’attualità. Nuova Chiesa. Nuovi preti. Questa è una possibile lettura di Se Dio vuole, il nuovo film nella sale da oggi.

Raccontare un prete vuol dire raccontare Dio. Raccontare Dio vuol dire raccontare l’uomo. Nella concretezza dei suoi problemi quotidiani. E questo non è poco nel panorama attuale della cinematografia italiana, segnata da una considerevole presenza di commedie scacciaproblemi. Anche Falcone usa il grimaldello della commedia - ma quella più sottile e redditizia, che non si ripiega su se stessa - per forzare la cassaforte dei cuori prevenuti o distratti nei confronti della fede. Per la commedia il cuore del racconto sono i tic, le fobìe, i pregiudizi, le debolezze dell’uomo comune, colto nel momento di maggiore arroganza, e perciò degno di maggior risibilità. Gli aspetti seri rimangono sullo sfondo.

Il film Se Dio vuole altalena, con un sottile senso della misura, tra riflessione e risibilità, tra vecchi pregiudizi e sentimenti nuovi. E lo fa con una sceneggiatura senza buchi e senza forzature, che detta i tempi giusti alla regìa. I dialoghi sono colpi di stiletto. Precisi e velocissimi.

Tutto inizia con l'annuncio inatteso di volersi fare prete che Andrea, studente in medicina, fa alla sua famiglia: mamma casalinga un po’ disperata, padre stimato e temuto chirurgo (col passo del “medico della mutua” di Alberto Sordi), sorella sposata con un insulso venditore di appartamenti. L’annuncio produce una reazione a catena, che ben presto sconvolge l’assetto della famiglia. Succede, per certi aspetti, ciò che accade in Teorema di P.P. Pasolini, dove l’arrivo di un misterioso giovane fa saltare gli equilibri di ogni membro della famiglia che lo accoglie, cambiandone la vita. Andrea introduce un elemento di assoluta discontinuità in questa famiglia neo-borghese, la “variabile Dio”, che fa emergere aspetti latenti e spinge a ri-orientare l’esistenza delle persone che vivono con lui.

La mamma Carla supera le inquietudini di casalinga trascurata riscoprendo gli ideali della sua giovinezza. La sorella Bianca inizia a leggere il Vangelo, per approdare alla mistica orientale. Il padre Tommaso, il più feroce oppositore della scelta che il figlio intende fare, ingaggia una lotta personale e senza esclusione di colpi con don Pietro - interpretato da Alessandro Gassmann -, il prete responsabile - a suo modo di vedere – della insopportabile “devianza” di cui è vittima il figlio.

Il duello è tra l’ateo che crede solo in se stesso e nella scienza e l’uomo che ha fatto della fede in Dio la sua professione. Al suo primo apparire, don Pietro sembra dare ragione ai sospetti del dott. Tommaso. Il prete si presenta in una arena come fosse il personaggio vincente di un talent televisivo, in grado di esercitare un fascino particolare sui giovani che lo applaudano a scena aperta. Ma le cose stanno solo apparentemente così. Questo sacerdote è spiazzante. Parla alla stessa maniera dei giovani e gira per la città con casco e lambretta. Ma racconta ai suoi ragazzi il Vangelo e nient’altro che il Vangelo. Colorito con le cadenze dialettali e con lo slang romanesco. Ma solo il Vangelo. Non predica se stesso o le sue opinioni. 

Don Pietro non ha paura di sporcarsi e di avere lo stesso “odore” di Fratta, il parrocchiano giocatore patologico, col quale sembra intrattenere una frequentazione malavitosa. Le immagini suggeriscono che solo facendo così, mettendosi al suo livello, egli è in grado di aiutarlo a non sperperare nel gioco la sua vita. Don Pietro non gioca la vita sulle apparenze. La mette in questione per il semplice fatto che è “uno che ci sta sempre”, che non si tira indietro. Questo è il primo prete cinematografico dell’èra Bergoglio.

Dietro di lui il regista fa intuire la presenza di una Chiesa che vuole disfarsi dei cerimoniali e delle incrostazioni arteriosclerotiche del passato
(simbolicamente rappresentate dal gesto di Tommaso che, con la spatola da muratore, toglie dal pavimento della chiesetta le incrostazioni di calce e di sporcizia). Una Chiesa che si propone all’uomo di oggi senza filtri e senza riserve. Che esce da sé e non si chiude nelle sacrestie. Che predica solo il Vangelo. L’attività del prete di Falcone, impegnato nei tempi liberi a ristrutturare una chiesetta in stato di abbandono, riporta la Chiesa alla sua semplicità e al suo decoro primitivo. Una trasformazione all’incontrario, rispetto alla chiesa de Il villaggio di cartone di Ermanno Olmi, ma con gli stessi esiti di significati.

In questa opera di rinnovamento don Pietro tira dentro anche il proprio nemico, ammaliandolo col suo stile anticonformista e convincendolo con l’amicizia, la fiducia e la condivisione.
Egli ha bisogno dell’aiuto dell’uomo per fare il prete. Ha bisogno delle mani di Tommaso per trasformare un edificio dimenticato in un luogo di preghiera, circondato da un giardino accogliente.

C’è un momento emblematico del film che dà evidenza, quasi didascalica, a questo modo di essere prete.
Ed è quando don Pietro non può fare a meno dell’aiuto di Tommaso per sollevare la pesante croce di legno e rimetterla a posto. Francescano è lo sguardo di don Pietro sulla natura. La quale ha al suo interno la capacità di trasmettere, attraverso trasparenza e bellezza, la presenza armoniosa e pacificante di Dio. Le leggi della fisica che governano l’universo non sono sufficienti a spiegare il mistero. Il prete di Se Dio vuole compone un proprio “cantico delle creature” e lo insegna a Tommaso, che nella tristezza del distacco vi trova un senso nuovo per la vita.

Perché si tratta proprio di un distacco quello tra don Pietro e Tommaso. Struggente e drammatico.
Un finale improvviso con casco, lambretta e Garbatella. Una citazione di Caro diario di Nanni Moretti che più delicata non poteva essere. L’approdo di Tommaso è in un mare di verde, sotto un cielo che si curva ad ascoltare i battiti di un cuore che ha ricominciato a pulsare. Così, accompagnato dalla voce stregata di De Gregori, Tommaso si converte al miracolo e alla contemplazione. Forse inizia ad assaporare la tenerezza di Dio. Questo è ciò che Dio vuole. Non solo qui. Ma sempre. 

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"Se Dio vuole", Alessandro Gassmann al cinema è don Pietro
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