Cara prof., mia figlia, insieme ai rappresentati di classe del suo liceo, ha inviato una lettera al preside con la quale chiedono un cambiamento nelle relazioni tra loro, il dirigente, i docenti, i bidelli e i genitori. E proprio la richiesta rivolta a noi genitori è quella che mi ha colpita di più: «Vi chiediamo se ritenete opportuno interferire nelle questioni che concernono solamente studenti e professori, irrompere nell’unico spazio dedicato esclusivamente a noi ragazzi e nel quale dovremmo avere pieno diritto d’espressione e affermazione. La scuola è un organismo autonomo rispetto alla famiglia, e tale autonomia è fondamentale. Nei nostri rapporti con il corpo docente è meglio che manteniate un atteggiamento di neutralità. Solo lasciando liberi i giovani ci si può aspettare una maturazione e acquisizione d’indipendenza». Credo che mai sia stato detto meglio quanto noi genitori possiamo essere invadenti. Lei che ne pensa? VALERIA
— Che dire, cara Valeria, resto anche io colpita dalla chiarezza con la quale questi ragazzi siano stati in grado di spiegare a noi adulti, nello specifico voi genitori, di come a un certo punto bisogna smettere di “intrudere” nelle loro vite. Uso a proposito un termine così desueto come intrudere, ma rende benissimo l’idea di ciò che troppo spesso si fa nelle vite degli altri. Introdursi è entrare nella casa di un altro senza essere invitato, e troppo spesso e in modo particolare negli ultimi anni le famiglie sono entrate nelle scuole con un’invadenza senza precedenza, rompendo tutte quelle regole, scritte e non scritte, che sovraintendono la relazione casa- famiglia.
Mail che arrivano a ogni ora, agguati nell’atrio dell’istituto per un colloquio fuori programma, fino ad arrivare alla chiamata al figlio nell’ora di lezione, che si vede costretto a passare il telefono al prof. Questo solo per citare alcune delle intrusioni più esplicite che dobbiamo subire senza preavviso e fuori contesto. Ma la cosa più interessante è che queste incursioni non sono richieste dai poveri figli che si trovano spesso in imbarazzo.
Trovo quindi molto interessante, cara Valeria, che ci sia stata una presa di posizione da parte di questi ragazzi che vi stanno, ci stanno chiedendo: lasciateci crescere! La vostra pressione, la paura per i nostri insuccessi, le nostre fatiche, il sostituirvi ai nostri desideri non ci permettono un confronto diretto con i docenti. Permetteteci di creare, nelle nostre mattine in classe, relazioni impostate sulla capacità di essere solo noi i portatoti delle nostre istanze e delle nostre richieste. E da insegnante ti dico: non c’è niente di più vero! Lasciateci confrontarci e scontrarci, solo così impareremo tutti qualcosa.