Quando lui è disoccupato e un po’ depresso si accumulano i piatti sporchi e il carico per la lavatrice ma quando senza lavoro è lei la casa è pulitissima. Insomma per essere davvero uomini bisogna evitare le pulizie di casa soprattutto quando si è perso il lavoro. Lo dice una ricerca condotta nelle università di Utrecht e della California, con dati raccolti da quasi trentamila persone, in ventisette paesi europei e in Israele, intitolata “Unemployment and the division of housework in Europe”, ovvero “La disoccupazione e la divisione dei lavori domestici in Europa” e pubblicata sulla rivista “Work, employment and society” (“Lavoro, occupazione e società”), curata dalla British Sociological Association, l’Associazione Britannica di sociologia.
Gli studiosi, Tanja Van der Lippe, Judith Treas e Lukas Norbutas hanno indagato che impatto ha avuto la recessione del 2008 sulla divisione dei lavori domestici e hanno scoperto che la disoccupazione anzichè rendere più paritaria la situazione di moglie e marito finisce per sovraccaricare, ancora una volta, la donna perché l’identità maschile è collegata a quello stipendio che entra nel conto in banca ogni mese e, quando non c’è, l’uomo si sente umiliato e confuso se deve pulire il pavimento e lavare i piatti. Anche in quel Regno Unito femminista dove, per tradizione, i mariti aiutano le mogli con i lavori domestici le donne trascorrono ancora il doppio delle ore, 15,7 alla settimana, rispetto agli uomini, a pulire la casa e cucinare. Quando la moglie guadagna il pane per tutta la famiglia per non far sentire inferiore il marito, che ha uno stipendio più basso, si carica anche della fetta più grande dei lavori domestici.
«Sia uomini che donne fanno più lavori domestici quando sono disoccupati», scrivono gli esperti nella ricerca, «Tuttavia il carico extra di ore, per le donne che hanno perso il lavoro, è più grande che per gli uomini. Insomma le mogli lavorano di più in casa sia che siano state licenziate o che vadano ancora in ufficio».