Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Antimafia, tra gli oltre 17 mila iscritti nelle logge massoniche delle quattro “obbedienze” (Grande Oriente d’Italia, Gran Loggia d’Italia, Gran Loggia regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia regolare d’Italia) ci sono proprio tutti: imprenditori, politici, studenti, sacerdoti e magistrati. E anche mafiosi. La Commissione con l’aiuto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha rilevato all’interno delle logge 193 “fratelli” con «evidenze giudiziarie per fatti di mafia». Restringendo l’indagine alle sole Sicilia e Calabria, risulta che ogni due logge ci sarebbe la presenza di un mafioso o un suo complice. Una “criticità” su cui si ha la netta sensazione che si voglia spegnere l’allarme.
Ha dichiarato di recente a Famiglia Cristiana Gian Carlo Caselli, che oggi dirige l’Osservatorio della Coldiretti sulle agromafie dopo essere stato procuratore a Palermo e Torino: «In democrazia non dovrebbero esistere associazioni segrete con vincolo di obbedienza. Invece esistono e sono spesso veicolo di incroci torbidi fra mafiosi e altri potenti, con reciproco rafforzamento. Ma guai a chi ne parla più di tanto! C’è un processo di rimozione/riduzione collaudato da tempo e riscontrabile in molti delicati casi. Certi intrecci, ancora negati o ridotti a folclore locale, non riguardano solo qualche appalto», denuncia l’ex magistrato: «Sono un problema nazionale che ha condizionato e condiziona la nostra democrazia» Ebbene, tenuto conto di tutto ciò, sembrano ancora più sconcertanti le parole di Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, quando ipotizza che Famiglia Cristiana si stia rendendo complice o prono strumento diffusore di trame “vaticane”.
Ha dichiarato il Gran Maestro del Goi sempre nella sua nota fiume: «Inoltre è quanto meno singolare – per usare un eufemismo – e fa riflettere che nello stesso numero di Famiglia Cristiana ci sia un’intervista all’onorevole Rosy Bindi, la presidente della Commissione Antimafia che oltre a fare sequestrare – per noi con un atto illegittimo e contro il quale ci siamo opposti – gli elenchi dei massoni di Sicilia e Calabria ha messo nero su bianco nella relazione finale la presenza di alcuni sacerdoti nelle liste delle Obbedienze oggetto dell’indagine, nel tentativo di strumentalizzare ulteriormente la vicenda e cercare magari una sponda vaticana ed una motivazione in più nella caccia ai liberi muratori. E, guarda caso, anche nell’intervista della Bindi viene evocata la massoneria. Ma noi siamo abituati alle persecuzioni». Mi sembra un capolavoro di confusioni. Le confusioni e le nebulosità sono sempre un ottimo mezzo per chi vuole mantenere lo status quo e soprattutto per rovesciare le frittate. Nessuno sta perseguitando i massoni, ma caso mai sono la libera informazione e l’intero Paese a essere perseguitati dagli intrecci malati che s’intendono abbattere.
Credo che per primi i massoni onesti (da cattolico non condividerò mai il loro punto di vista ma sono sicuro che ce ne siano tanti) abbiano interesse a spezzarli e che si sentano offesi, in realtà, da tali “abbracci”. La veemenza con cui Bisi reagisce al semplice ribadire l’incolmabile solco dottrinale tra Chiesa e massoneria, comunque, rende evidente quanto sia necessario che gli ecclesiastici si mostrino sempre coerenti su questo punto. Invece, purtroppo, e specialmente al sud non sempre preti e prelati si ricordano degli argini imposti dalla dottrina, una dottrina che spesso, poi, in manifesta contraddizione, usano a proprio piacimento, magari per “punire” chi non si piega ai propri voleri.
Il rapporto tra il vescovo di Tropea, Luigi Renzo, e l'avvocato massone
Ci sono, insomma, anche vescovi che continuano a ignorare l’esortazione rivolta loro mesi fa da papa Francesco di non essere mai padri-padroni. L’hanno ricordata in una recente lettera a monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, un gruppo dei soci fondatori della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, nata per impulso della mistica calabrese Natuzza Evolo, portandone a termine l’opera a Paravati.
Renzo, dopo che il suo predecessore, il compianto Domenico Tarcisio Cortese, aveva sottoscritto lo statuto della Fondazione, e riconosciuto con decreto la stessa, ha revocato tale decreto e impedito ogni celebrazione eucaristica (anche quella per gli anziani disabili che vi sono ricoverati) nel complesso sorto dove operò Natuzza, salvo sporadiche deroghe per le celebrazioni presiedute personalmente con grande battage dei media locali. Tutto perché l’assemblea dei soci ha bocciato quasi all’unanimità le modifiche statutarie che Renzo dice di volere per ossequio alla Dottrina. Tra i pochi favorevoli, fin dal principio, l’avvocato Marcello Colloca, che non fa un mistero della sua appartenenza alla massoneria (ha rilasciato anche interviste televisive al riguardo, presentandosi quale presidente del collegio circoscrizionale dei maestri venerabili della Calabria).
Questi è diventato presidente della Fondazione in quanto Renzo ha costretto alle dimissioni, dopo averlo minacciato di sospensione a divinis se non avesse convinto i soci ad approvare le sue modifiche, don Pasquale Barone, sacerdote che fu tra i direttori spirituali della mistica, insieme con padre Michele Cordiano, l’ex segretario della Fondazione. Pure lui costretto dimettersi e ora, con provvedimento di pochi giorni fa, trasferito altrove dal vescovo, con una bolla che qualcuno ha visto come una “punizione”. Non tutto però è andato per il verso giusto e anche Colloca, tre mesi fa, si è dovuto dimettere per manifesto disaccordo con la sovranità dell’assemblea plenaria. Ebbene, il 30 dicembre 2017, Renzo gli ha scritto per «ringraziarlo del garbo e dello stile collaborativo» manifestato nella vertenza tra lui e la Fondazione e per chiedergli «di fare uno sforzo sovrumano, ritirando le dimissioni sue e degli altri (i due consiglieri a lui fedeli, ndr) per riprendere il cammino interrotto. È un sacrificio che dobbiamo a Natuzza più che agli uomini. Certo che farà ogni sforzo, nel rinnovarle la mia profonda ed immutata stima per la squisita collaborazione fornita in questi mesi (…) Le rinnovo gli auguri di ogni bene».
Termini davvero molto affettuosi ed elogiativi quelli del vescovo verso il legale aderente alla massoneria. Colloca discende da una famiglia molto cara a Natuzza che, come confermano molti documenti fra i quali i diari del professor Libero Giampà, tentò sempre con abnegazione di convertire i massoni, accorrendo anche al capezzale d’iscritti a logge agonizzanti assieme a sacerdoti come don Giuseppe Tomaselli, esortandoli al pentimento. Un apostolato, questo, molto simile a quello incarnato da San Pio di Pietrelcina.
Ma come mai il vescovo, che ricorda giustamente il dovere dell’obbedienza verso la dottrina cattolica e le autorità ecclesiastiche (sempre che parlino ex cathedra, poiché non si tratta di assecondare ogni capriccio dei prelati, come chiarito da papa Francesco), poi dimentica o mette da parte la dichiarazione del 1983? Questa dimenticanza evidentemente rischia di incombere anche sull’intera conferenza episcopale calabrese presieduta da monsignor Vincenzo Bertolone, che pure ha tentato una lunga e inutile mediazione tra Renzo e la fondazione di Natuzza, parlandomi più volte personalmente della disponibilità che aveva visto da parte di quest’ultima a venire incontro al vescovo di Mileto-Nicotera-Tropera. Ebbene la Cec ha espresso giorni fa il pubblico appoggio a Renzo che si è spinto fino addirittura ad annullare atti sovrani e di oggetto amministrativo (non certo relativi al culto) di una fondazione di cui la diocesi non è socia e che ha agito in perfetta conformità con quanto disposto dal codice civile e dalle norme del proprio statuto.
La Cec ha anche ricordato la “dovuta obbedienza”, non prendendo quindi alcuna posizione su un argomento di forte rottura con la dottrina cattolica come la vicinanza netta tra Renzo e Colloca, che poi ha segnato l’intera crisi di una realtà cresciuta con grande frutto spirituale in oltre un trentennio. Nè dimenticanze, né deroghe sarebbero consentite, lo dice chiaramente la dichiarazione firmata da Ratzinger: «Non compete alle autorità ecclesiastiche locali pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito». Dimenticarsene può solo rendere più debole la Chiesa contro certe ramificazioni occulte.