GIGLIOLA
La morte è entrata nel mondo
a causa del peccato, come insegna la
Scrittura e il Magistero della Chiesa,
ma questo significa che se l’uomo non
avesse peccato non sarebbe morto?
Non si afferma nulla contro la fede, che
le Scritture propongono e la Chiesa professa,
se si dice che l’uomo, qualora non avesse
peccato, avrebbe comunque terminato la
propria esistenza terrena nella forma di
un armonico passaggio da questa vita a
quella eterna. Tutto dipende dal senso che
conferiamo alla parola “morte”. Poiché nel
linguaggio comune essa indica una separazione
drammatica da questa vita, dai nostri
cari e da tutto ciò che abbiamo amato
e di cui abbiamo goduto, allora certamente
è il peccato a produrla, anzi, nel senso biblico
più proprio e profondo, la morte è il
peccato, mentre la vita è la grazia. Una visione
dell’uomo senza peccato, come se non
fosse un essere spazio-temporale, e quindi
finito, mi sembra confl
iggere non solo con
la fede, ma anche con la ragione. Entrambe
ci dicono che l’uomo, a prescindere dal
peccato, è finito, ossia ha una fine e un fine
come essere terreno e storico ed è chiamato
a compiere quel passaggio che lo renda
partecipe della vita divina già in questa
vita e poi nell’altra.