La Fiat avrebbe intenzione di spostare il quartiere generale del gruppo negli Usa dopo la fusione con Chrysler. A rilanciare l'ipotesi è un lungo dossier preparato dall'agenzia di stampa Reuters nei giorni del Salone di Ginevra, e pubblicato venerdì 25 marzo 2011, a cinque giorni dall'assemblea degli azionisti, convocata alle 11 di mercoledì 30 marzo, a Torino. Nel Rapporto della Reuters, dove tra l'altro Marchionne viene definito l'Elvis Presley del settore auto e di cui si raccontano i sei telefonini d'ultima generazione - tre BlackBerry
e tre iPhone - che Marchionne ha sempre con sè, nella sua borsa nera, si ricostruiscono anche i temi al centro del dibattito negli ultimi mesi. La notizia che la Fiat abbia già deciso di fare le valigie a dire il vero non è una novità assoluta. Dell'ipotesi di un trasferimento della sede legale si parlò molto agli inizi di febbraio. Ma sia l'amministratore delegato Sergio Marchionne, sia il presidente della Fiat, John Elkann, avevano smentito le voci e rinviato ogni decisione in merito al 2014.
«L'idea, che Marchionne non ha ancora discusso con il board della Fiat», si legge a pagina 7 del dossier della Reuters, «è quella di rendere Torino il centro da cui gestire le operazioni europee e di creare eventualmente un altro hub separato (centro direzionale, ndr) in
Asia». Circa la sede legale del quartiere generale la scelta -
secondo un top manager che s'è confidato con la Reuters - cadrebbe sul Paese dove il regime
fiscale è più conveniente: «Se io pago il 70 per cento di tasse in Italia e solo il 30 per cento negli Stati Uniti non è difficile immaginare dove andrò». Detroit insomma batterebbe Torino.
Per quanto riguarda i rapporti con Chrysler, la Reuters ricorda che Marchionne ha definito "Christmas wishes" (auguri di Natale) i suoi obiettivi di aumentare la quota Fiat in Chrysler al 51 per cento entro quest'anno (ora è al 25 per cento) e di portare la società Usa in Borsa. Prima la casa di Detroit dovrà ripagare i suoi prestiti ai Governi degli Stati Uniti e del Canada. Un pacchetto di rifinanziamento è attualmente all'esame del consiglio di amministrazione di Chrysler, mentre la società è ancora in trattativa con il Dipartimento dell'Energia degli Usa per ottenere tassi più favorevoli. Finchè non avra la maggioranza di Chrysler Marchionne non investirà nella società Usa soldi Fiat. Reuters ricorda che l'obiettivo delle due società è di vendere 6,6 milioni di veicoli nel 2014 dopo l'integrazione. L'amministratore delegato del Lingotto viene definito un uomo solo nel gruppo dove può contare esclusivamente sull'appoggio di Elkann.
Fonti autorevoli della Fiat, sentite da FamigliaCristiana.it, si dicono stupite e seccate dal fatto che la Reuters ha rilanciato una notizia abbondantemente chiarita dai massimi vertici della società. In particolare, al Lingotto ricordano l'audizione di Sergio Marchionne che parlò ai deputati membri della Commissione attività produttive della Camera il 15 febbraio 2011. «Al momento», disse tra l'altro l'amministratore delegato della Fiat, «Chrysler non è quotata, ma speriamo che questo succeda in un prossimo futuro. Quando avremo due entità legali che coesistono, quotate in due mercati diversi, si porrà evidentemente un problema di governance. La scelta sulla sede legale non è ancora stata presa. Sarà condizionata da alcuni elementi di fondo. Il primo è il grado di accesso ai mercati finanziari, indispensabile per gestire un business che richiede grandi investimenti e ingenti capitali. Il secondo ha a che fare con un ambiente favorevole allo sviluppo del settore manifatturiero e quindi anche con il progetto “Fabbrica Italia”. Se si realizzeranno le condizioni che sono alla base del nostro piano allora il nostro Paese sarà nella posizione di mantenere la sede legale».
«Per quanto riguarda, invece, le sedi operative», aggiunse Marchionne, «già ora è indispensabile avere presenze specifiche nei mercati in cui stiamo operando. Non si può pensare di gestire attività tanto vaste, senza avere una sede direzionale sul posto. Per questo – se il cuore della Fiat è e resterà in Italia – la nostra testa deve essere in più posti: a Torino, per gestire le attività europee; a Detroit, per quelle americane; ma anche in Brasile e, in futuro, una in Asia. Significa avere sedi operative diverse ma perfettamente complementari. Questo è essenziale per un gruppo che opera su base internazionale, perché ci permette di seguire uno sviluppo condiviso, avere attività integrate tra loro ed evitare duplicazioni. Non c’è nulla di strano, in tutto ciò. C’è solo la volontà di fare il nostro lavoro al meglio. Crescere e rafforzarsi nel mondo non significa rinnegare le proprie radici. Vuol dire, semmai, proteggerle. Vuol dire garantire al passato anche un futuro».