Quando si avvicina il 25 Dicembre, tutto è possibile. Può accadere anche un piccolo grande miracolo. Questo Natale il piccolo grande miracolo assume un significato particolare per i conflitti che insanguinano il mondo e per la ricorrenza: esattamente 100 anni fa un’inaspettata “tregua” avvicinava tedeschi, inglesi e francesi impegnati nei combattimenti durante la Prima Guerra Mondiale. Il conflitto scoppiato in Europa nell’estate del 1914 avrebbe dovuto essere breve e vittorioso, ma a Dicembre la situazione era di stallo e di malcontento: la “guerra lampo” auspicata si era trasformata in una logorante “guerra di posizione” combattuta nelle trincee, divenute velocemente il tragico simbolo di quella lotta. La promessa “A Natale tutti a casa!” non era stata mantenuta, così, dopo aver ordinato di non interrompere i combattimenti, i comandi dei due schieramenti (Gran Bretagna, Francia e Russia da una parte; Germania, Austria-Ungheria e Turchia dall'altra) mandarono ai loro soldati piccoli pacchi contenenti dolci, liquori, tabacco, alberelli natalizi e candele.
La notte della vigilia, a Ypres (Belgio), alcuni soldati tedeschi iniziarono a scambiarsi gli auguri cantando motivi natalizi; dalla trincea britannica si elevò una voce che rispose con un canto inglese. Ben presto le canzoni in diverse lingue aumentarono e timidamente i soldati iniziarono ad uscire dalle trincee fraternizzando con i “nemici” e scambiandosi cibo, tabacco, alcolici e ricordi, come bottoni delle divise e berretti. Sui libri di storia non vi è quasi traccia di quello che accadde in quella magica notte, eppure recentemente film, canzoni e libri hanno fatto riscoprire questo avvenimento. È di qualche giorno fa un corto pubblicitario con la ricostruzione degli avvenimenti della “Tregua di Natale” che una nota catena di supermercati britannici ha realizzato per pubblicizzare una tavoletta di cioccolato.
L’armistizio non durò a lungo: pur essendosi diffusa la notizia della sospensione e avendo coinvolto due terzi del fronte occidentale, i comandanti superiori spostarono rapidamente i reparti coinvolti su altri fronti. Così la pace improvvisata in alcuni settori finì già il 26, mentre in altri proseguì fino a Capodanno. Gli anni successivi, per evitare il ripetersi di queste tregue, si ordinarono pesanti attacchi per costringere i fanti nei loro ripari. Sul fronte italiano casi di “amicizia” col nemico si riscontrarono il Natale 1916 e non solo nei periodi festivi: fra italiani e austriaci non era raro scambiarsi cibo e tabacco, e stabilire turni per l’uso di una fonte d’acqua. Questa "fiaba" sottolinea l’importanza dei contatti tra i soldati: scambi, regali e la visione di fotografie dei propri figli per scoprire che il soldato con cui stava parlando aveva anche lui figli della stessa età. Essi scoprirono di essere simili e questo aumentò l’incapacità di comprendere l’utilità di un conflitto armato che altro non era, se non un grande massacro, un'inutile strage, come la definì Benedetto XV.
A dividerli era solo la lingua parlata ed il colore della divisa perché “un soldato può indossare una divisa scozzese, tedesca o francese, ma resterà sempre un uomo: con una famiglia, dei sentimenti, delle speranze”. La notte trascorse con questo messaggio di fratellanza ed il giorno successivo venne organizzato un incontro di calcio, per qualche ora la “terra di nessuno”, lo spazio che divideva le trincee nemiche, divenne il campo di gioco di una partita che assunse un importante valore simbolico e fu vinta dai tedeschi 3 a 2. Varie sono le lettere e i diari pervenutici da chi ha vissuto quegli avvenimenti, riporto le parole che un soldato inglese scrisse in una lettera alla sorella: “[…]Mi ha fatto vedere le foto della sua famiglia che sta a Monaco. Anche quelli che non riuscivano a parlare si scambiavano doni, i loro sigari con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e loro le salsicce. […] questi non sono i ‘barbari selvaggi’ di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti? […] questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. [...] Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Ovviamente, conflitti devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?”.
Anche noi ci uniamo alle domande di questo fante nel sognare che i Paesi in guerra, in questo Natale 2014, possano prendere esempio dall’evento del 1914 e “fare la pace contro ogni forma di nazionalismo e di odio tra i popoli”. Non accadrà, ma dobbiamo fare di tutto perché la tregua di Natale negli anni a venire diventi una tregua permanente di pace.