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lunedì 14 ottobre 2024
 
La psicologa
 

«Se qualcuno avesse allertato i servizi sociali, la tragedia della piccola Diana non sarebbe successa»

22/07/2022  La psicologa Gaia Avella, che collabora con gli operatori dell'hintarlend milanese, pone l'accento sul ruolo dell'assistenza alle famiglie in difficoltà e alle donne sole: «Occorre potenziare la loro azione e prevenire l'isolamento e il degrado»

Mentre emergono nuovi particolari sulla terribile vicenda della donna che ha lasciato da sola per sei giorni la bimba di 18 mesi ritrovandola poi morta di stenti nel suo lentino al suo ritorno a casa, lo sdegno e l’orrore non si placano. Ci si chiede come può una madre abbandonare il proprio figlio, come nessuno si sia accorto della tragedia che si consumava in quell’appartamento, se oltre alle colpe individuali non ci siano anche delle responsabilità sociali. Ne abbiamo parlato con Gaia Avella, psicologa e psicoterapeuta che collabora con i servizi sociali nell’hinterland milanese. «Anche io mi sono chiesta, come tutti, come possa questa madre aver agito in questo mondo. Ma non voglio azzardare diagnosi cliniche, per quello occorre avere tutti gli elementi e riscontri diretti e non solo informazioni riportate dai mezzi di informazione. Più lucidamente credo che si debba partire da quello che è successo per evitare che accada nuovamente. Come? Promuovendo le realtà di supporto come i servizi sociali per la tutela dei minori, per far capire che le madri in difficoltàpossono chiedere aiuto, e che può farlo anche chiunque viva intorno a un nucleo familiare in situazione di disagio. Purtroppo c’è ancora un pregiudizio nei confronti dei servizi sociali, visti come qualcosa di cui vergognarsi e di cui avere paura. E invece possono fare davvero tanto per le madri e i genitori in generale e i loro bambini». 

Talvolta si accusano i servizi sociali di portare via con leggerezza i figli ai genitori. «L’allontanamento è l’estrema ratio, in casi di emergenza o di gravi difficoltà. Prima vengono messi in campo tanti altri strumenti. Le visite dell’assistente sociale per valutare la situazione, i colloqui psicologici, l’affiancamento di un’educatrice. E poi si può ricorrere alle famiglie d’appoggio o a un affido a tempo parziale, anche solo per i week end.  Quello che sconcerta è che in questo caso nessuno della sua rete familiare si è reso conto dell’isolamento e delle difficoltà di questa donna. E allora occorre lavorare ancora di più sul territorio, per far conoscere la rete dei servizi sociali, per superare i pregiudizi. Pur non avendo grandi risorse economiche possono fare molto per intercettare il disagio e mettere in campo i giusti strumenti perché tragedie come queste non accadano. Occorre cioè fare anche prevenzione. Certo, in una città grande come Milano ci sarebbe bisogno di più operatori, per riuscire a coprire le esigenze di tutto il territorio».

 
 
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