È una amara presa di posizione quella, di questi giorni, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di dichiarare irricevibile l’istanza della Fondation Lejeune e di Inès, una ragazza francese con sindrome di Down, decisi a lottare contro le discriminazioni e la violazione della libertà d’espressione.
Tutto ha origine da un bellissimo video realizzato e prodotto da CoorDown (Coordinamento Nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down) nel 2014 per la campagna globale “Dear Future Mom” in occasione della Giornata Mondiale sulla sindrome di Down. Realizzato in collaborazione con diverse realtà internazionali, il filmato, un toccante racconto corale, fu trasmesso dalle TV e diffuso sui social network di tutto il mondo. Il messaggio, lanciato in diverse lingue da bambini e ragazzi di differenti paesi europei, rispondeva alla domanda di una futura mamma spaventata per aver scoperto che il bambino che attendeva aveva la sindrome di Down: «Ho paura. Non so che vita avrà mio figlio…». «A volte sarà difficile. Quasi impossibile. Ma non è così per tutte le mamme?» è la risposta. E nel finale: «Le persone con la sindrome di Down possono avere una vita felice. Anche grazie a tutti noi».
Furono milioni le visualizzazioni, i successi e i premi. Tuttavia, in Francia il Consiglio Superiore per l’Audiovisione (CSA) prese la decisione di censurare il video, chiedendo alle emittenti televisive nazionali che l’avevano trasmesso di fermarne la diffusione. Decisione confermata due anni dopo dal Consiglio di Stato francese. La posizione espressa dal CSA francese riportava tra le motivazioni che lo spot “non può essere considerato come un messaggio d’interesse generale e la sua finalità può apparire ambigua e non suscitare un’adesione spontanea e consensuale”. Inoltre, l’Authority riteneva che il film potesse “disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale”.
A nulla sono valse le azioni della Fondation Jérôme Lejeune, partner di CoorDown nella realizzazione del film, e della giovane Inès che insieme iniziarono una lunga battaglia legale. Dopo un ricorso respinto dal Consiglio di Stato, nel 2021 hanno presentato un’istanza alla CEDU – Corte europea dei diritti dell’uomo, al fine di far condannare la discriminazione e la violazione della libertà di espressione delle persone con sindrome di Down. Il 1° settembre 2022, la CEDU ha dichiarato irricevibili le domande della Fondation Jérôme Lejeune e di Inès, ritenendo che i ricorrenti non possano essere considerati “vittime” ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la Corte ha rifiutato di pronunciarsi sulla discriminazione e sulla violazione della libertà di espressione delle persone con sindrome di Down. La voce di Ines non è stata quindi ascoltata.
Di conseguenza, il video non può essere trasmesso in un contesto “pubblicitario”, cioè come singolo spot di campagna ma solo come parte di un programma “inquadrato e contestualizzato”, che lo spettatore sceglie di guardare.
Il video della Campagna mondiale Dear future Mom, oltre all’enorme successo di pubblico in tutto il mondo, è stato presentato alle Nazioni Unite il 21 marzo 2014 e ha ricevuto diversi Leoni d’oro al Festival Internazionale della Creatività di Cannes. Nessuna autorità amministrativa oltre quella francese lo ha censurato. Una differenza di trattamento delle persone con sindrome di Down, che la Francia come un’eccezione nel panorama internazionale e che la CEDU sembra sostenere rifiutandosi di pronunciarsi nel merito.