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lunedì 23 giugno 2025
 
Telefonini
 

Se un figlio di 13 anni pretende privacy col suo Whatsapp

14/07/2017 

Mio fglio ha 13 anni e dopo molte nostre titubanze ha ottenuto di poter scaricare WhatsApp sul suo smartphone. Avevamo stabilito regole precise che però sta trasgredendo in modo sistematico. L’altro giorno ha addirittura messo una password sul suo smartphone e non ce la vuole comunicare perché dice che ha diritto alla sua privacy. Io non so cosa fare. Siamo ai ferri corti. Ho paura di esagerare con il controllo, non vorrei tirare troppo la fune che ci tiene legati fino a spezzarla e perdere il contatto e la buona relazione che fino a oggi abbiamo mantenuto con lui.

ANNAMARIA

— Possono i nostri figli gestirsi la loro vita on line in totale autonomia? Qual è il diritto alla privacy di cui deve godere un figlio minorenne e come il genitore deve averne rispetto? Personalmente penso che la privacy alla quale ha diritto un 13enne è quella che gli dà l’autorizzazione a chiudersi in bagno chiedendo che nessuno lo disturbi nel frattempo. Quando i nostri figli sono diventati preadolescenti, un bagno della nostra casa è stato dotato di chiave e il messaggio che hanno ricevuto è stato forte e chiaro: «Se avete bisogno di privacy, è un vostro diritto pretenderla usando il bagno che si chiude a chiave». Credo anche che la privacy di un figlio debba essere rispettata nel caso in cui rediga un diario privato che non vuole che venga letto da nessun altro. E in effetti, quasi sempre lo chiude in un cassetto di cui detiene la chiave. Ma nella vita on line, i figli sono esposti a relazioni e contatti che possono essere infiniti e senza limiti. E anche potenzialmente pericolosi e inadeguati rispetto alle loro competenze e capacità di gestione. Se in un gruppo WhatsApp ci sono decine di persone, se un profilo Facebook ha centinaia di contatti, noi stiamo parlando di qualcosa che è tutto tranne che privato. E che espone un minorenne a rischi e problemi che non sempre è in grado di prevenire, gestire e controllare. È necessario che gli adulti supervisionino e facciano un monitoraggio del territorio, né più né meno di ciò che succede nella vita reale. Quando nostro figlio esce dalla porta di casa gli chiediamo «Dove vai? Con chi? A che ora torni?». Lo facciamo non per ledere la sua privacy, ma per sincerarci che tutto ciò a cui andrà incontro non lo esponga a rischi e pericoli. La stessa regola deve valere anche per le loro esplorazioni nella vita on line. Il patto che ti consiglio di fare con tuo figlio può essere questo: «Io devo sapere la tua password e qualche volta entro nei tuoi social con te. Non ti spierò, ma come adulto, genitore e titolare del tuo numero di cellulare (gli abbonamenti dei nostri figli sono intestati a noi) voglio avere una supervisione di ciò che succede nei social. Fino a che non saremo certi che avrai imparato tutte le regole per stare on line con sicurezza».

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