Caro don Antonio, ho appena visto il matrimonio di un famoso calciatore a Venezia, non italiano, ma che gioca in una famosa squadra. Una Tv internazionale lo trasmetteva in diretta, credo in mondovisione. Inizialmente commentavo con i miei che alla Giudecca doveva essere per forza un rito civile. Non può mai essere, pensavo sicuro tra me, che uno straniero che si sposa in Italia ha il permesso di farlo in una chiesa, dopo i tanti divieti che mettiamo ai nostri fedeli anche per sposarsi nella chiesa accanto...
Mi sbagliavo, e ho dovuto fare i cosiddetti “salti mortali” per spiegare come può accadere, anche perché anch’io faccio fatica a capire. Non era più giusto dire al ricco e famoso calciatore di andare al suo Paese e nella sua parrocchia natia? Cosa pensano i tanti poveri mortali che si sono sentiti dire che non è possibile assolutamente sposarsi in un’altra chiesa? Ai ricchi e famosi sì e ai poveri mortali no?
MARIO
Il Codice di diritto canonico specifica bene dove si possono celebrare le nozze. Al canone 115 leggiamo: «I matrimoni siano celebrati nella parrocchia in cui l’una o l’altra parte contraente ha il domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di girovaghi, nella parrocchia in cui dimorano attualmente; con il permesso del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere celebrato altrove».
Certamente, quindi, nel caso che citi nella tua lettera, caro Mario, il luogo è stato scelto con il permesso dell’Ordinario, cioè del vescovo, oppure del parroco. Bisogna anche tener conto che la sposa in questione è veneziana, nativa di Mestre. Quindi la celebrazione dovrebbe essersi svolta secondo le regole.
Certo, più che un rito religioso ed ecclesiale è sembrato un evento mondano. Ma è il prezzo della fama. Spero che l’unione tra queste due persone possa essere felice e duratura. Non vorrei che si realizzasse questa battuta scherzosa: la durata di un matrimonio è inversamente proporzionale al costo delle nozze.