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venerdì 29 settembre 2023
 
 

Sedotti e abbandonati

19/11/2013  Un recente convegno a Loano, in provincia di Savona, ha ribadito quanto sia necessario un approccio culturale e non solo normativo alle dipendenze da gioco d'azzardo

"Ci vuole un approccio culturale. Non serve a nulla chiedere alla politica di vietare le sale da gioco e le slot, sarebbe la fortuna delle mafie. Bisogna investire tutto nella responsabilizzazione di tutta la cittadinanza, non solo dei giocatori. Deve crescere una cultura della negatività dell'azzardo".

Nelle parole di Alessandro Costanzo, coordinatore del Comitato Nonèungioco.it, è racchiuso il senso del convegno "Sedotto e abbandonato - Convegno sul gioco d'azzardo patologico e dintorni" che si è tenuto lo scorso 8 novembre a Loano, in provincia di Savona. La piaga delle dipendenze da gioco d'azzardo si è da tempo trasformata in Italia in vera e propria emergenza sociale e, dalla mobilitazione della società civile in tutte le sue ramificazioni e competenze, dall'interconnessione tra amministrazioni locali, privato e terzo settore, sono arrivati segnali e iniziative chiare di contrasto al fenomeno. 

Proprio scorrendo i nomi dei partecipanti al convegno, si può cogliere la drammatica trasversalità del fenomeno e molte delle sue implicazioni: sono intervenuti tra gli altri medici, come il dottor Franco Badii responsabile S.S. Clinica delle tossicodipendenze e delle dipendenze comportamentali, Alberto Montani presidente Fondazione Antiusura S. Maria del Soccorso, Franco Catani e Leopoldo Grosso, rispettivamente rappresentati di Caritas e Gruppo Abele, Vincenzo Salvati tenente della Guardia di Finanza, le psicologhe Nelli Mazzoni e Silvia Taliente dell'Associazione Spia e promotrici del Centro NoGame.

In apertura al convegno, il 7 novembre, è stata inaugurata anche una suggestiva mostra fotografica dedicata al tema: "Attraverso lo specchio" di Alessandro Gimelli è, nelle parole dell'autore, un "viaggio allucinante per immagini in un mondo di isolamento e alienazione in cui l’individuo è annientato, annullato. È come se vivesse in un mondo parallelo in cui esiste solo l’individuo e la sua dipendenza, una sorta di bolla all’interno della realtà di tutti i giorni".

Lo Stato non è un buon padre di famiglia

"L'unico pensiero è tornare a giocare", ha testimoniato Gianmarco in qualità di ex giocatore.  "La slot deve pagare e ti trovi a giocare 14 ore. Rubi, menti, perdi qualsiasi interesse, rubi in casa e fuori; la mente non ti dice che vuoi giocare, ma che devi giocare. Arrivi a perdere tutto e davanti a chi cerca di aiutarti dici che puoi smettere quando vuoi. Domani smetto, ma domani non arriva mai. Io ho avuto anni di non vita".

L'Italia è il primo Paese europeo per volume del gioco d'azzardo, 3 volte più di Francia e Spagna: nel 2012 il "fatturato" del gioco d'azzardo ha sfiorato i 90 miliardi di euro, 10 in più del 2011, + 160% dal 2006. Dati ancora più impressionanti se si considera che, dal 2006 al 2012, il Pil è crollato del 2,9%. 800 mila ammalati di gioco compulsivo. 2 milioni di persone affette da gioco problematico, anticamera della patologia vera e propria. 1 giocatore patologico su 3 compie crimini per alimentare la propria dipendenza. "E lo Stato che incassa 8/9 miliardi all'anno dal gioco d'azzardo rappresenta la legalità?!", si è chiesto Alberto Montani.

Inevitabile quindi che, nelle loro diverse sfumature, molti interventi siano stati dedicati all'atteggiamento contraddittorio, per non dire schizofrenico, dello Stato in materia. Leopoldo Grosso, per esempio, ha affermato che il gioco d'azzardo è la nuova cocaina. La deregolamentazione ha avuto per risultato che in Italia ci sono più slot machine che posti letto in ospedale (quasi 7 ogni 1000 persone, a fronte di 3,7 posti letto per 1000 abitanti). Un tempo gioco d'elite confinato in luoghi esclusivi, ora il gioco d'azzardo è a disposizione di tutti: un meccanismo di penetrazione analogo a quello dello spaccio di cocaina da parte delle organizzazioni criminali, con l'aggravante di essere attuato dallo Stato.

La famiglia al centro

  

"In tempo di crisi l'idea che non ce la si possa fare pure industriandosi, genera l'idea della fortuna", ha concluso Leopoldo Grosso. "L'illusione si mangia la speranza. La speranza di cambiamento viene pian piano ridotta dall'illusione e l'azzardo è una grande illusione".

Ma l'incontro non si è limitato a una fotografia della situazione, né tanto meno ha circoscritto le proprie proposte di intervento all'ambito normativo. Al contrario, a più riprese è stato ribadito il ruolo centrale della famiglia, vero e proprio cardine di "un contratto terapeutico", come l'ha definito la dottoressa Nicoletta Conio del Sert Asl 2 savonese, tra giocatore, terapeuta e, per l'appunto, nucleo familiare.

A proposito infine di interventi terapeutici, la dottoressa Silvia Taliente ha preannunciato che il Centro NoGame attiverà un corso di formazione specifica per operatori di sportello, legati al terzo settore. E ha posto l'accento sulla necessità di un percorso residenziale per interrompere il circuito quotidiano del giocatore: in questa direzione si sta pertanto muovendo l'Associazione Spia con il progetto NoGame.

Molti quindi gli spunti di riflessione emersi dal convegno, tutti accomunati dalle parole d'ordine "cultura, legalità, aggregazione, famiglia", punti cardinali per orientarsi in "quel fiume carsico che devasta il luogo dell'umano", come nel 1789 ebbe a definire il gioco d'azzardo quel Charles Maurice de Talleyrand, citato da Alessandro Costanzo: "Vorrei ricordare che ovunque si legge la dicitura gioco legale, ma non tutto ciò che è legale è lecito".

 
 
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