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domenica 16 marzo 2025
 
governo
 

Sei giorni per salvare il Paese

15/07/2022  Iniziano le consultazioni tra i partiti per scongiurare una crisi gravissima, tra pandemia, ripresa economica che stenta, inflazione e una guerra alle porte dell'Europa. Rischiamo anche di perdere i fondi del Pnrr: una catastrofe

Il post di Medvedev su Telegram.
Il post di Medvedev su Telegram.

La crisi più surreale della storia della Repubblica inizia ieri pomeriggio con il premier Draghi che sale al Quirinale per rassegnare le dimissioni. L’anomalia è che Draghi ha ottenuto la maggioranza sul decreto Aiuti (che prevede importantissime risorse alle imprese e alle famiglie, ma anche alcuni punti “critici” sgraditi ai Cinque Stelle, tra cui il termovalorizzatore di Roma inserito nel decreto) dopo aver posto la fiducia. E infatti Mattarella respinge le dimissioni del presidente del Consiglio e lo invita a presentarsi davanti alle Camere mercoledì prossimo. Mercoledì Draghi riferirà al Parlamento con esiti imponderabili. Ma un altro aspetto surreale di questa crisi è che i ministri e i sottosegretari Cinque Stelle del governo (dopo la scissione di Di Maio, che afferma che il movimento non esiste più) si sono astenuti, dunque hanno votato contro se stessi. Non era mai accaduto. Una crisi che sembra immaginata da Jonesco: "Il teatro dell’assurdo", ha titolato Avvenire.

Il contesto in cui è maturata questa crisi è l’assoluta mancanza di responsabilità di fronte a una pandemia che continua a mordere, una ripresa economica che stenta a decollare, un’inflazione all’8 per cento e una guerra alle porte dell’Europa con ripercussioni gravissime, al di là dell'aspetto prioritario umanitario, sul piano dell’energia e del grano. A fronte di tutto questo i Cinque Stelle hanno optato per lo strappo. «È un partito padronale che ha deciso di anteporre le proprie bandierine alla sicurezza e all'unità nazionale», afferma il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «Se da mercoledì andiamo in ordinaria amministrazione non potremo fare quasi più nulla di ciò che serve per superare la crisi economica. Parlo del decreto di 15 miliardi contro il caro bollette. Non abbiamo i poteri per fare la legge di bilancio e andremo in esercizio provvisorio. Non abbiamo più il potere negoziale ai tavoli internazionali per ottenere il tetto ai prezzi del gas. È da irresponsabili non capirlo».

Saranno anche parole intrise di rancore per gli ex compagni di viaggio quelle del ministro degli Esteri. Ma non sono molto lontane dalla realtà. Ora iniziano cinque giorni di consultazioni frenetiche per salvare questo governo, con il Paese in bilico tra una crisi balneare dentro una crisi internazionale (la tempesta perfetta) e un governo che viene riconfermato e prosegue per la sua strada. «Guardiamo con grande preoccupazione alla situazione politica che si sta determinando e che rischia di sovrapporsi ad una fase di crisi più generale che sta già incidendo in modo pesante sulla vita delle persone e delle famiglie». Lo dichiara il Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, commentando gli ultimi sviluppi politici e invitando alla responsabilità (nel solco di quello che ha dichiarato ieri il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin). «La guerra in Ucraina e le sue temibili conseguenze; l’inflazione a livelli eccezionali che richiede continuità e tempestività di interventi urgenti; le pandemie che non smettono di colpire; il lavoro mortificato dalla precarietà e dalla generale incertezza sono elementi che impongono chiarezza di decisioni e una forte concertazione con le parti sociali e con l’Europa. Il confronto dialettico e il pluralismo – ricorda il cardinale Zuppi – sono una ricchezza irrinunciabile della democrazia ancora di più in vista delle prossime naturali scadenze elettorali, ma in un momento come questo conviene avvenga nel massimo della convergenza e della stabilità per terminare l’avvio di interventi decisivi sui quali da mesi si sta discutendo e che condizioneranno i prossimi anni. Per questo ci auguriamo che vi sia uno scatto di responsabilità in nome dell’interesse generale del Paese che deve prevalere sulle pur legittime posizioni di parte per identificare quello che è necessario e possibile per il bene di tutti».

E a proposito di guerra alle porte di casa va registrato il post del vicepresidenza del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvev: "Via Johnson e Draghi, chi sarà il prossimo?". La Russia, insomma, ringrazia.

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