Il fatto è semplice: un’azienda veneta assume una donna a dieci giorni dal parto. E’ accaduto a Mestre: Samuele Schiavon, 38 anni, titolare della “The creative way”, agenzia, con sede anche a Padova, che si occupa di comunicazione e progettazione web, ha deciso di assumere Martina Camuffo, veneziana, 36 anni, pur sapendo che è incinta. La donna infatti, in un colloquio di due mesi or sono, aveva messo al corrente l’azienda della novità. Pochi giorni fa Martina col suo pancione bene in vista, s’è recata nella sede di Mestre e ha firmato il contratto di lavoro. La notizia ha fatto subito il giro dei media nazionali e dei social. L’ha ripresa addirittura l’ex-presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che su Facebook scrive di aver chiamato l’imprenditore “per ringraziarlo del bel gesto”. E la posta elettronica dell’azienda è stata inondata da innumerevoli “grazie” firmati da donne e madri.
“In un Paese normale un fatto del genere non avrebbe certo creato scalpore. Evidentemente l’Italia non è un Paese normale”: commenta con un po’ di amarezza Schiavon. “Conoscevo la donna da precedenti esperienze professionali e le sue competenze combaciavano con quanto stavamo cercando. La sua presenza nel nostro nuovo team di lavoro era la ciliegina sulla torta. E, quando, all’ultimo colloquio di fine novembre, ci ha fatto sapere di essere al settimo mese di gravidanza, abbiamo valutato la cosa con il contitolare dell’agenzia e deciso che l’avremmo assunta e attesa per qualche mese. Abbiamo scelto di investire in Martina perché è brava. Punto e basta. Non siamo né eroi, né dei benefattori”.
E la maternità? Non è un problema, anzi. Schiavon confessa che alla moglie due anni fa non venne rinnovato un contratto di lavoro in concomitanza della sua gravidanza. “Lo so bene che tanti imprenditori italiani vedono le maternità come il fumo negli occhi e licenziano, o non assumono le donne in attesa di un bimbo. A me, invece, non è mai passato per la mente un pensiero del genere: se un dipendente vale, vale e basta; se poi è felice per il lieto evento, com’è una nascita di un figlio, tutto di guadagnato. Io vivo per la mia famiglia e non vedo l’ora di tornare a casa per rivedere mia moglie e mia figlia”. E conclude: “Spero che questo gesto sia d’esempio per altri. Le leggi a tutela della maternità non mancano nel nostro Paese, è forse questione di cultura”.
E noi siamo d’accordo con lui: in Italia la maternità per una donna che cerca un lavoro o che già lavora sembra essere una condanna a morte. A quante donne è stato intimato di non avere figli dai propri datori di lavoro? A quante altre sono state imposte le cosiddette “dimissioni in bianco” una volta arrivata una gravidanza? Tante , troppe, ancora. Attendiamo il giorno in cui a far clamore siano solo questi squallidi comportamenti e non più l’assunzione di Martina.