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domenica 23 marzo 2025
 
 

Sei nazioni per una meta

04/02/2011  L'Italia esordisce sabato 5 febbraio con l'Irlanda allo stadio Flaminio di Roma.

Sei Nazioni, dodicesimo capitolo. Storia breve, ma intensa. Vaso di coccio tra vasi di ferro: il destino dell’Italia (si parte in casa, con l’Irlanda, il 5 febbraio). Pochi successi, tanti benefici. Il bicchiere mezzo vuoto è quello di chi vorrebbe vedere l’Italia primeggiare, come se non dovesse affrontare la crema del rugby europeo. 

    Il bicchiere mezzo pieno è quello di chi guarda oltre il campo e si specchia nella crescita del movimento ovale. I soldi, innanzitutto, che non fanno mai male. Il Sei Nazioni ne ha portati tanti, direttamente o indirettamente. Solo la partecipazione garantisce 10 milioni annui, senza contare i ricavi al botteghino. E poi ci sono gli sponsor, a cominciare da Cariparma (il cui marchio appare sulle maglie azzurre per 1 milione l’anno), per passare a Kappa, Edison e Iveco, quest’ultimo condiviso con gli All Blacks neozelandesi, fino all’ultima del Lotto, per un totale di una ventina di aziende che hanno investito sulla Nazionale ovale. 

    Il budget federale arriva a 28 milioni, che diverranno 40 il giorno in cui l’Italia potrà dividere alla pari con le rivali la quota dei diritti Tv del Sei Nazioni. Un bel gruzzolo, ancorché non paragonabile a quello delle grandi. E poi c’è il traino del torneo più prestigioso, decisivo in termini di vocazioni. Nel 2000, anno dell’ammissione dell’Italia nel Sei Nazioni, i tesserati erano circa 30 mila, ora si supera quota 66 mila. Praticanti in lievitazione, appassionati pure. Perché la gente apprezza, al di là dei risultati. Una sconfitta tira l’altra: 21 nelle ultime 23 partite. 

    Ma il popolo del rugby resta al fianco degli azzurri. Gli 80 mila di San Siro per la sfida con gli All Blacks, un autentico miracolo. Ma la squadra italiana gira la Penisola, va all’estero e trova calore ovunque. Flaminio sempre esaurito per il Sei Nazioni, popolo ovale che viaggia per l’Europa a ogni trasferta.

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