Anversa, Belgio
Nostro servizio
«Il
mondo soffoca senza dialogo». Da questa frase di Papa Francesco
pronunciata durante la visita alla sede romana della Comunità di
Sant’Egidio a giugno, parte uno dei panel dell’incontro
interreligioso di Anversa. Partecipano uomini e donne di religioni e
professioni diverse, tutti accomunati da uno spirito che il cardinale
di Napoli sintetizza così: «Noi non possiamo vivere senza dialogo».
Del resto, aggiunge Khadija Bengana di Al Jazeera, «vivere insieme è
il nostro destino».
La
presentatrice della tv del Qatar pensa all’Isis in Iraq e Siria ed
è netta verso chi usa il nome di Dio per fare la guerra: «Nel
Corano, Dio dice: “Vi abbiamo creato da
un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù,
affinché vi conosceste
a vicenda”. Ci
invita a conoscerci, cioè a costruire questo destino comune».
Cita
ancora il Corano, «dove si legge che chi ha ucciso una persona è
come se avesse ucciso tutta la terra. Salvare la vita, invece, è
salvare l’umanità».
La
giornalista invita a contrastare ambiguità e distorsioni di
concetti, spesso create proprio dall’assenza di dialogo: «Il
terrorismo non è Islam: non nasce nella religione musulmana, né può
trovarvi alcuna giustificazione». E interviene su una questione che
spesso genera fraintendimenti: «La tensione tra Palestina e Israele
non ha cause religiose, nasce da motivazioni politiche».
Khadija
Bengana ha vinto il
premio “Woman Media of the Year” del 2007 ed uno
dei volti più popolari della televisione qatariota che già
trasmette in arabo, inglese, turco, lingue balcaniche e si appresta
ad aggiungere anche il francese e lo spagnolo. «Da donna –
aggiunge – sento forte l’importanza del dialogo sociale nel mondo
arabo, dove la condizione femminile ha bisogno di progredire».
Parla
del dialogo anche il francescano Jeusset
Gwenolé, che vive a Istanbul in una fraternità internazionale
fondata per far crescere lo “spirito di Assisi”. Precedentemente,
dal 1969 ha conosciuto i musulmani in Costa d’Avorio e dal 1982 è
stato il primo presidente della Commissione internazionale
francescana per le relazioni con l’islam. Questa la convinzione che
ha maturato in tanti anni: «Dialogo
è un concetto meraviglioso ma per molte persone evoca discussioni e
pertanto la polemica non è lontana. I gruppi di dialogo che
resistono sono dei gruppi di amici. Non c’è dialogo di pace senza
l’incontro, l’ascolto rispettoso dell’altro e la volontà di
fraternizzare». Fra Jeusset
racconta
la sua amicizia a Istanbul con i dervisci islamici discepoli del
grande mistico Rumi di Konya: «Per giungere al dialogo si deve osare
l’incontro. Se uno rifiuta, bisogna ricominciare con uno o un’altra
e non concludere che “con quelle persone non c’è niente da
fare”».
Con
le notizie di questi giorni, ci si potrebbe chiedere se il dialogo
sia irrealista o un sogno utopico. «È la generalizzazione –
spiega il francescano – che è sempre irrealista, quando uno crede
che l’altro è sempre buono come uno crede che l’altro è sempre
cattivo. Entrambe le generalizzazioni sono irrealiste, ma quella
negativa conduce direttamente all’odio e alla guerra. L’artigiano
di odio ha bisogno di capri espiatori, quindi li crea. Rifiuta ogni
possibilità di rimessa in gioco poiché il suo odio è divenuto un
dogma e rifiuta ogni eventualità di incontrare l’altro
demonizzandolo».
Un
futuro di pace sembra impossibile? In passato sono scoppiate paci
impossibili… Fra Jeusset
lo spiega ricordando suo nonno, colpito con il gas nelle trincee
durante la prima guerra mondiale, poi fatto prigioniero dai tedeschi
e morto durante la seconda guerra mondiale: «Avrebbe mai potuto
immaginare che i suoi figli avrebbero conosciuto la riconciliazione
tra la Francia e la Germania? La speranza fa parte della mia gioia di
vivere».