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martedì 15 ottobre 2024
 
messa della notte di Natale
 

«Senza i poveri il Natale che si festeggia non è quello di Gesù»

24/12/2022  Papa Francesco ricorda il cuore del Natale. Spiega che la mangiatoia è simbolo di vicinanza, povertà e concretezza. Ed esorta a cercare tutti ibambini, i deboli che sono nelle mangiatoie del mondo

Vicinanza, povertà, concretezza. Nella messa della notte di Natale, celebrata da papa Francesco nella basilica di San Pietro, il Pontefice chiede di interrogarsi su cosa ancora questa nascita dice alle nostre vite partendo da queste tre parole. «Dopo molti Natali festeggiati tra addobbi e regali, dopo tanto consumismo che ha avvolto il mistero che celebriamo», dice Francesco, «c’è un rischio: sappiamo tante cose sul Natale, ma ne scordiamo il significato. E allora, come ritrovare il senso del Natale? E soprattutto, dove andare a cercarlo? Il Vangelo della nascita di Gesù sembra scritto proprio per questo: per prenderci per mano e riportarci lì dove Dio vuole». E cioè ai piedi di una mangiatoia. La mangiatoia, che il Vangelo cita per ben tre volte «è il segno, non casuale, con cui Cristo entra nella scena del mondo. È il manifesto con cui si presenta, il modo in cui Dio nasce nella storia per far rinascere la storia». E, attraverso, la mangiatoia, arriviamo alla vicinanza, alla povertà e alla concretezza.

Perché la «mangiatoia serve a portare il cibo vicino alla bocca e a consumarlo più in fretta. Essa può così simboleggiare un aspetto dell’umanità: la voracità nel consumare. Perché, mentre gli animali nella stalla consumano cibo, gli uomini nel mondo, affamati di potere e di denaro, consumano pure i loro vicini, i loro fratelli. Quante guerre! E in quanti luoghi, ancora oggi, la dignità e la libertà vengono calpestate! E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli. Anche in questo Natale un’umanità insaziabile di soldi, potere e piacere non fa posto, come fu per Gesù, ai più piccoli, a tanti nascituri, poveri, dimenticati». Il Papa pensa soprattutto ai bambini, a quelli dell’Ucraina, ma anche a quelli di tanti altri posti del mondo dove vengono «divorati da guerre, povertà e ingiustizia. Ma Gesù viene proprio lì, bambino nella mangiatoia dello scarto e del rifiuto. In Lui, bambino di Betlemme, c’è ogni bambino. E c’è l’invito a guardare la vita, la politica e la storia con gli occhi dei bambini». Dio si accomoda «nella mangiatoia del rifiuto e della scomodità», dice il Pontefice, «perché lì c’è il problema dell’umanità, l’indifferenza generata dalla fretta vorace di possedere e consumare. Cristo nasce lì e in quella mangiatoia lo scopriamo vicino. Viene dove si divora il cibo per farsi nostro cibo. Dio non è un padre che divora i suoi figli, ma il Padre che in Gesù ci fa suoi figli e ci nutre di tenerezza. Viene a toccarci il cuore e a dirci che l’unica forza che muta il corso della storia è l’amore. Non resta distante e potente, ma si fa prossimo e umile; Lui, che sedeva in cielo, si lascia adagiare in una mangiatoia.»

E da lì ci dice che possiamo rinascere anche noi, rinascere proprio lì dove pensavamo di aver toccato il fondo. «Non c’è male, non c’è peccato da cui Gesù non voglia e non possa salvarti. Natale vuol dire che Dio è vicino: rinasca la fiducia!»

E poi la mangiatoia ci parla di povertà. Attorno a essa, «infatti, non c’è molto: sterpaglie, qualche animale e poco altro. Le persone stavano al caldo negli alberghi, non nella fredda stalla di un alloggio. Ma Gesù nasce lì e la mangiatoia ci ricorda che non ha avuto altro intorno, se non chi gli ha voluto bene: Maria, Giuseppe e dei pastori; tutta gente povera, accomunata da affetto e stupore, non da ricchezze e grandi possibilità. La povera mangiatoia fa dunque emergere le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone». E la vera ricchezza è Gesù. «Ma noi», chiede il Pontefice, «vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a Lui, amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodi nei nostri interessi? Soprattutto, lo visitiamo dove Lui si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo? Lì Egli è presente. E noi siamo chiamati a essere una Chiesa che adora Gesù povero e serve Gesù nei poveri». Ripete le parole di Oscar Arnulfo Romero, «il vescovo santo», per dire che «la Chiesa appoggia e benedice gli sforzi per trasformare le strutture di ingiustizia e mette soltanto una condizione: che le trasformazioni sociali, economiche e politiche ridondino in autentico beneficio per i poveri». E sottolinea che anche se non è facile «lasciare il caldo tepore della mondanità per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme» dobbiamo ricordare che «non è veramente Natale senza i poveri. Senza di loro si festeggia il Natale, ma non quello di Gesù».

Infine la concretezza: «Un bimbo in una mangiatoia rappresenta una scena che colpisce, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto davvero carne. E allora su di Lui non bastano più le teorie, i bei pensieri e i pii sentimenti. Gesù, che nasce povero, vivrà povero e morirà povero, non ha fatto tanti discorsi sulla povertà, ma l’ha vissuta fino in fondo per noi. Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato tangibile, concreto: dalla nascita alla morte il figlio del falegname ha abbracciato le ruvidità del legno, le asperità della nostra esistenza. Non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo». Per questo, conclude il Papa, a Natale non bastano i buoni propositi. Dobbiamo andare «alla nuda realtà delle cose», deporre «ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie. Lui, che è stato teneramente avvolto in fasce da Maria, vuole che ci rivestiamo di amore. Dio non vuole apparenza, ma concretezza. Non lasciamo passare questo Natale senza fare qualcosa di buono».

 
 
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