«Fatevi sentire. Non abbiate timore di irrompere nella vita degli adulti, di scombinarne i piani. Partite dalla vostra esperienza concreta e portate avanti con forza gli ideali di giustizia e di pace. Il futuro vi appartiene e se saprete contagiare il mondo degli adulti con il vostro entusiasmo avremo senz'altro una società migliore». Non capita spesso che un Presidente della Repubblica si metta a dialogare a tu per tu con un gruppo di ragazzi. Ma è esattamente quello che è accaduto all'Arsenale della Pace di Torino. Durante la sua visita nel capoluogo subalpino, dopo aver visitato la Sindone e reso omaggio alla figura di don Bosco presso la basilica di Maria Ausiliatrice, il presidente Mattarella ha voluto fermarsi in questa ex fabbrica di armi trasformata in luogo di accoglienza grazie all'impegno del Sermig, coraggiosa esperienza di fraternità fondata nel 1964 da Ernesto Olivero. E per oltre un'ora di intenso confronto ha parlato con i giovani dell'Arsenale, ha risposto alle loro domande (niente discorsi preconfezionati, niente protocolli, solo un dialogo immediato e spontaneo), ha condiviso con loro speranze e preoccupazioni, spaziando a tutto campo su diversi temi.
La sede del Sermig si trova a due passi da Porta Palazzo, cuore multietnico della città, dove ogni giorno si combatte la sfida dell'integrazione, fra straordinarie risorse ed enormi problemi di convivenza. Non è certo un caso che proprio da un gruppo di ragazzi con origini nordafricane sia partita una domanda riguardante il dramma dell'immigrazione. «Le tragedie del mare e le storie strazianti che apprendiamo dai giornali ci portano talvolta a commuoverci – ha osservato Mattarella - Ma quanti di questi casi ignoriamo? E soprattutto che cosa spinge migliaia di persone ad abbandonare con sofferenza le loro terre d'origine per tentare di raggiungere le nostre coste a rischio della vita? Nell'Europa i migranti non vedono solo il benessere, ma anche la pace e la libertà che nei loro Paesi sono negate. Per questo l'Europa ha una responsabilità storica e deve essere all'altezza dei suoi valori. Se ci chiuderemo nella logica del sospetto, convinti che l'arrivo dei migranti sottragga lavoro e risorse a noi, se non troveremo il modo di aiutare i Paesi più provati dalle carestie e dalle guerre, la conseguenza sarà una migrazione di massa, ben superiore a quella, già imponente, cui assistiamo ora. Serve una risposta intelligente, che non arrivi dall'istinto ma dalla ragione e dal cuore».
Sergio Mattarella risponde alle domande dei ragazzi del Sermig all'Arsenale della Pace (foto Ansa)
Toccante, nella sua semplicità, la risposta del Presidente a una domanda che lo coinvolge sul piano personale. «Sappiamo che lei ha vissuto sulla sua pelle un'esperienza di dolore – esordisce Nabil, uno dei ragazzi dell'Arsenale – Dove ha trovato la forza per andare avanti?». Il riferimento è alla tragica scomparsa di Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato, assassinato dalla mafia nel 1980, mentre era presidente della regione Sicilia. «Non credo di costituire né un esempio né un modello – ha risposto l'inquilino del Quirinale – Semplicemente mi è sembrato naturale impegnarmi nella vita, andando oltre ciò che l'istinto mi avrebbe portato a fare. Se tutti coloro che hanno vissuto un'esperienza di sofferenza si chiudessero nel risentimento e nel rancore il risultato sarebbe una società invivibile. E' invece il sentire le esigenze degli altri come nostre che ci conduce verso una vita piena». Ancora una volta, dunque, la ragione e il cuore in contrapposizione all'istinto.
A una ragazza che solleva l'argomento spinoso della corruzione in Italia Mattarella risponde citando papa Francesco, «che già da arcivescovo di Buenos Aires aveva parole di fuoco per i corrotti. L'antidoto può essere solo nell'impegno civile, che per tutti significa servizio agli altri, ma che per un credente diventa adesione alle virtù evangeliche».
Filo conduttore dell'incontro è l'esortazione ai giovani, richiamati a vivere un impegno reale, con una coscienza sveglia, capace di interrogarsi su se stessa prima di puntare il dito contro gli altri. Infine un gesto altamente simbolico: cinque rintocchi alla Campana del Perdono, donata all'Arsenale dalla Diocesi dell'Aquila, come segno di amicizia e gratitudine per l'impegno del Sermig dopo il terremoto del 2009. Cinque rintocchi, cui corrispondono altrettante parti della società. Il primo (ed è lo stesso Mattarella a farsene annunciatore) è per i politici, «perché sappiano vivere la loro esperienza come occasione di servizio»; il secondo (introdotto dall'arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia) è «perché credenti e non credenti sappiano vivere in armonia»; poi è la volta degli adulti, dei giovani, dei bambini.
Visibilmente commosso il fondatore del Sermig Ernesto Olivero, che nella sua lunga esperienza alla guida dell'Arsenale della Pace ha incontrato ben sei Presidenti della Repubblica (in sostanza tutti gli inquilini del Colle da Pertini a Mattarella): «Quando abbiamo iniziato – ha detto Olivero ripercorrendo brevemente la storia della Fraternità – eravamo uno sparuto gruppo di giovani, con pochi mezzi e nessuna organizzazione. Ma avevamo un sogno grande di giustizia e di pace. A quel sogno tante persone hanno creduto, così che oggi siamo una famiglia capace di abbracciare tutti i continenti».