Il presidente Sergio Mattarella in un ritratto realizzato dallo scultore Luigi Oldani.
“Avere Sergio Mattarella presidente della Repubblica è un grande dono che viene fatto all’Italia”. Parola di padre Bartolomeo Sorge, il gesuita, teologo e politologo, che dal 1985 al 1996 diresse a Palermo l’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe. Sorge fu tra gli ispiratori della “primavera di Palermo”, quel periodo che alla metà degli anni Ottanta portò nel capoluogo siciliano un fermento di iniziative sociali, culturali e politiche per promuovere la legalità in contrasto con la mafia. Sabato 31 gennaio,il giorno in cui Mattarella è stato eletto presidente, Padre Sorge, che oggi vive a Milano, dove è direttore emerito della rivista Aggiornamenti Sociali, si trovava proprio a Palermo per un convegno.
Padre Sorge, lei quando conobbe Sergio Mattarella?
"Lo conobbi a Palermo quando arrivai nel capoluogo siciliano alla metà degli anni Ottanta. Ci frequentammo spesso e lo ricordo come un uomo tutto di un pezzo, onesto, di idee molto aperte, equilibrato. Non è un uomo che si lascia trascinare dalle passioni. In questo Mattarella è molto diverso da Leoluca Orlando, sindaco di Palermo in quegli anni e anche oggi".
Che ruolo ebbe Mattarella nella “primavera di Palermo”?
"Mattarella non è tra i personaggi più nominati di quel periodo, ma fu lui a tracciare la strada. Mattarella appare poco, è una figura discreta. Allora rimase dietro le quinte, però, grazie a un senso molto fine della politica e a un coraggio anche notevole, egli riuscì a fare cambiamenti importanti e a mandare avanti nuove esperienze".
Mattarella trovò molto resistenze nel partito?
"Posso raccontarle un episodio che risale al 1987. Io ero presente quando Mattarella telefonò a Ciriaco De Mita, allora segretario nazionale della Dc, per avere il permesso di fare a Palermo quella che fu chiamata la ‘giunta anomala’, che poi preparò la primavera di Palermo".
Perché anomala?
"Perché si trattava di percorrere una strada nuova, non seguendo la soluzione politica che da Roma si proponeva un po’in tutte le città. In sostanza si trattava di tener fuori i socialisti dalla giunta comunale per aprire ad altre forze come la Sinistra indipendente, i Verdi, la lista civica di Città per l’Uomo. Era una soluzione particolare e audace che avrebbe consentito un impegno molto serio contro la mafia".
Come andò quella telefonata?
"De Mita era preoccupato. “Voi mi mettete nei guai con Craxi”, diceva,ma Mattarella con tranquillità, molto sereno, esponeva le sue ragioni. Il tempo stringeva. Mancavano pochi minuti alla scadenza per la presentazione delle candidature e alla fine De Mita si convinse. “Voi siete lì”, disse, “ “fate come ritenere più giusto, ma fate attenzione”. E Mattarella rispose con tranquillità che ci saremmo presi le nostre responsabilità.
Che presidente della Repubblica sarà?
"Mattarella non ama apparire e dire, ma fare. Sarà molto efficace, avrà una forte capacità di esercitare la persuasione morale, che è tipica del ruolo del presidente. Poi credo che egli mostrerà una grande attenzione alle necessità concrete della gente. Infatti ha espresso questa preoccupazione fin dalla sua prima dichiarazione".
Che tipo di cattolico è il nuovo presidente?
"Un uomo di grande coerenza, che non ama esibire la sua fede profonda. Mattarella è un tipo alla De Gasperi, credente, ma laico nell’azione politica. Lo trovo molto in linea con il Concilio e con gli insegnamenti di papa Francesco. Un uomo quindi con radici lontane e adatto al tempo presente. Mattarella è il primo siciliano al Quirinale, questo che cosa rappresenta per la Sicilia?
"Per lo Stato è una cosa enorme avere come presidente il fratello di una vittima della mafia. Poi il fatto che l’Italia abbia due siciliani alle massime cariche dello stato, Sergio Mattarella e Pietro Grasso, è un riconoscimento che l’isola attendeva e può essere di stimolo a tanti bravi siciliani che magari si sono sentiti un po’ messi da parte. La Sicilia è una terra generosa, che sa darci uomini di grande qualità".