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sabato 14 dicembre 2024
 
In Tv
 

Ecco perché "Che Dio ci aiuti" è vera catechesi

09/03/2023  Non si tratta solo di parlare con toni leggeri dell'ambiente ecclesiastico e fare colore. La fortunata serie Tv di Raiuno, spiega don Ivan Licinio, esperto di media, è un terreno fertile e un'ottima occasione per conoscere la Parola

Una suora sui generis, scorretta e bizzarra, mamma insostituibile per le ragazze del convento, focolare domestico di una famiglia allargata e molto movimentata. Un convento che finisce per essere trasformato in un convitto, dove le suore entrano in contatto con persone di vario genere, dando loro una mano a scoprire verità e a risolvere i piccoli, grandi problemi quotidiani.

Da sinistra, Pierpaolo Spollon, Elena Sofia Ricci, Francesca Chillemi e Valeria Fabrizi, posano nel corso del photocall di Che Dio ci aiuti 7 a Roma, il 10 gennaio 2023. Foto Ansa.
Da sinistra, Pierpaolo Spollon, Elena Sofia Ricci, Francesca Chillemi e Valeria Fabrizi, posano nel corso del photocall di Che Dio ci aiuti 7 a Roma, il 10 gennaio 2023. Foto Ansa.

La formula di "Che Dio ci aiuti". Da Don Matteo al femminile a comedy "morale"

È la sintesi, ma anche il successo, della fiction "Che Dio ci aiuti", trasmessa dalla Rai e giunta alla sua settima edizione. Concepita inizialmente come una versione al femminile di Don Matteo – altro grande fenomeno della televisione italiana realizzato dalla stessa casa di produzione – la prima stagione di Che Dio ci aiuti ne condivideva la formula: una mescolanza di commedia e giallo, con suor Angela che, in ogni puntata, si trovava invischiata in un caso criminale e finiva per cooperare con le forze di polizia per risolverlo.

A partire dalla seconda stagione, invece, la serie ha cambiato rotta, allontanandosi sempre di più dal modello Don Matteo” e trovando una sua specifica declinazione, che punta molto sulla comedy e sul racconto dei problemi e delle vite private delle diverse figure - soprattutto ragazze - che gravitano intorno al Convento degli Angeli.

Nel corso degli anni "Che Dio ci aiuti" non è mai venuto meno alle sue premesse e ai suoi punti di forza: una protagonista empatica, determinata ma non priva di difetti o fragilità, una riuscita mescolanza di dramma e commedia, la presenza di un messaggio morale forte ed esplicito, lintreccio di linee narrative che hanno come protagonisti gli adulti con altre che, invece, ruotano attorno ai bambini e ai ragazzi. Elemento, questultimo, che rende Che Dio ci aiuti un prodotto dichiaratamente inclusivo, che si rivolge a un pubblico famigliare.

Don Ivan Licinio (foto Facebook)
Don Ivan Licinio (foto Facebook)

La catechesi con le serie Tv di don Ivan Licinio

  

"A differenza degli altri strumenti utilizzati per la catechesi, le serie tv rappresentano uno scenario che permette di sfruttare più tematiche contemporaneamente e con maggiore efficacia, grazie a quella familiarità che lo spettatore sviluppa attraverso un processo di identificazione con i personaggi".  

A parlare è don Ivan Licinio. Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011, attualmente è Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile.  Don Ivan è soprattutto un esperto di nuovi linguaggi, autore di diverse pubblicazioni tra cui il libro "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù.

"Chiedendo un poai giovani che frequento, ho afferrato che il modo in cui viene trattato il grande tema del 'prendersi cura dellaltro' è uno dei motivi che fanno di Che Dio ci aiuti” una serie di successo" spiega il sacerdote.

Una serie tv che rivela oltre il successo di ascolti la capacità di raccontare un tema importante con profondità ma anche leggerezza, avvicinando i più giovani. "Nessuno viene abbandonato e, aprendo le sue porte a ragazzi e ragazze con storie difficili alle spalle e in cerca di riscatto, il convento non è più visto come un rifugio dove scappare dai problemi della vita - spiega don Ivan -  ma come un luogo nel quale fare esperienza di cosa voglia dire essere amati a prescindere dai propri errori.

Lo stile evangelico della narrazione diventa, così, una catechesi capace di rispondere, con un linguaggio semplice ed immediato, ai grandi interrogativi di senso che agitano i giovani, soprattutto in questa società efficentista che chiede loro di corrispondere a standard sempre più elevati".

Ecco che il Convento degli Angeli raccontato nella fiction diventa la casa di tutti, il luogo in cui non vi è giudizio ma comprensione. "La semplicità di un sorriso, il calore di un abbraccio, una buona parola (che spesso è la Parola) in un momento difficile e anche un podi sano humor che non guasta mai, diventano gli strumenti del primo annuncio sia per i giovani frequentatori del convento sia per quanti vi entrano attraverso lo schermo - analizza il sacerdote - quella di suor Costanza, di suor Teresa, di Azzurra e degli altri personaggi della serie è una Chiesa materna, non alienata dalla vita quotidiana ma compagna di viaggio dellumanità e capace di chinarsi sugli ultimi della storia".

È questa Chiesa nella quale tantissimi giovani si impegnano e crescono nella fede sapendo che in ogni difficoltà possono sempre esclamare con fiducia: «Che Dio ci aiuti!».

 

 
 
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