È contento Shahzad Syed, il figlio di immigrati pachistani che nel 2011 portò le carte in tribunale. All’epoca aveva 26 anni ed era in Italia da quando ne aveva otto; si era appena laureato in Giurisprudenza dopo elementari, medie e superiori tutte frequentate a Milano. «Ho presentato la domanda di servizio civile», racconta, «perché volevo vivere un’esperienza di aiuto agli altri. All’estero, magari in Africa, oppure anche in Italia». Shahzad si aspettava che gli chiedessero dove e per quanti mesi, invece ricevette la risposta «no, non puoi partecipare». Perché “straniero a casa sua”. A causa dell’arretratezza della nostra legge, il giovane non aveva diritto alla cittadinanza sebbene fosse in Italia da 18 anni. «E soprattutto», aggiunge, «nonostante mi sentissi pienamente italiano».
Insieme all’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e all’Apn (Avvocati per niente), il laureato in Legge ha fatto ricorso e i giudici di primo e secondo grado gli hanno dato ragione; la Cassazione ha poi chiesto l’intervento della Corte Costituzionale, che ha ribadito lo stesso orientamento. Il servizio civile va visto come «un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza» e le «attività di impegno sociale» sono «base della convivenza».
Nel testo redatto da Giuliano Amato, oggi giudice costituzionale, si legge: «L’esclusione dei cittadini stranieri, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale, e di conseguenza di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza».
Nel 2012 il bando per il servizio civile non venne ripresentato. «Qualcuno», ricorda Shahzad, «provò a far passare l’idea che fosse colpa mia e della questione di giustizia che avevo posto». Poi nel 2013 le nuove selezioni: ancora con il vincolo della cittadinanza, nonostante ci fosse già stata la prima sentenza.
Ulteriore impugnazione e finalmente il ministro Kyenge fece un intervento correttivo, estendendo la possibilità agli stranieri comunitari e agli extracomunitari lungo-soggiornanti, cioè titolari della ex carta di soggiorno. Mille giovani stranieri chiesero di impegnarsi per gli altri con il servizio civile e in 600, su 14 mila, vennero selezionati. Il bando del 2015 ha finalmente recepito queste indicazioni.
«È una decisione importantissima», commenta l’avvocato Alberto Guariso che ha assistito Shahzad, «che incide sulla nozione stessa di cittadinanza e di patria: sono cittadini tutti coloro che condividono le sorti della comunità nella quale vivono e ad essi spetta uguaglianza di diritti e doveri». Per questo ora molte associazioni e lo stesso sottosegretario con delega al Servizio civile Luigi Bobba chiedono alle Camere di mettere nero su bianco l’apertura ai giovani stranieri nella riforma del Terzo Settore, attualmente in discussione. I parlamentari potranno farlo sapendo che agiscono nello spirito della Costituzione.