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lunedì 09 settembre 2024
 
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Jasari: "Ora voglio rendermi utile per l'Italia"

14/04/2016  Afghano, Dast Mahammad Jasari ha avuto l'asilo politico nel nostro Paese. Svolge il servizio civile presso il servizio dei Salesiani per i rifugiati a Roma, in via Marsala, accanto alla stazione Termini. E spera di diventare mediatore culturale.

Ha 21 anni. Si chiama Dast Mahammad Jasari, è afghano. L’Italia gli ha dato asilo politico. Lui dice in un soffio: «L’Italia mi ha aiutato e adesso io restituisco e mi rendo utile al vostro bellissimo Paese. Sono un cittadino italiano. E’ mio dovere fare il servizio civile». Lavora da sei mesi a via Marsala a Roma, accanto alla Stazione Termini, progetto per i rifugiati dei Salesiani. Parla il dari, il farsi, l’inglese, lo svedese e naturalmente l’italiano. Lavora ad un progetto di integrazione che prevede lezioni di italiano, informatica, gite e visite culturali ai musei, lezioni per poter prendere la patente.

E’ arrivato in Italia quando era minorenne e un amico lo ha portato dai salesiani del Sacro Cuore di via Marsala: «Mi sono sentito finalmente a casa dopo molti momenti difficili. Anzi posso dire di essere rinato, riconosciuto nei miei diritti. All’inizio non mi aspettavo così tanto. Sono felice e adesso ho deciso di restituire un po’ di quello che ho avuto aiutando altri a integrarsi. So quello che ho passato e spiego che la cosa più importante è imparare l’italiano e la cultura, la storia dell’Italia. Senza conoscenza non c’è integrazione».

E’ arrivato a metà del cammino, ma Dast spera che il suo servizio civile si possa trasformare nel lavoro di mediatore culturale. Spiega Edda Maria D’Amico: «Il servizio civile mette davanti un giovane alle proprie responsabilità di cittadino che prende e che dà alla comunità in cui vive». Edda ha 28 anni e dopo un anno di servizio civile nell’associazione "Proteo Fare Sapere" di Roma dove ha lavorato ad un progetto contro la dispersione scolastica alla fine della scuola media, oggi è una dei quattro delegati nazionali della Consulta del servizio civile: «Mi ha sempre appassionato la lotta contro la dispersione scolastica uno dei guai del nostro Paese e il servizio civile mi ha offerto la possibilità di un impegno costante».

La Consulta è il punto di riferimento dei volontari del servizio civile ed è il migliore punto di osservazione per capire le motivazioni di chi sceglie: «Molto spesso all’inizio la scelta avviene perché un giovane ha l’impressione che possa guadagnare qualcosa. Ma subito capisce che non sono i soldi del rimborso mensile a fare la differenza. La differenza la fa la passione. Il servizio civile diventa una scuola di cittadinanza attiva. Ci si occupa degli altri, del territorio, della cultura del nostro Paese. Si apre la mente e il cuore, si toccano con mano tanti mondi. Con il servizio civile si diventa migliori e più responsabili».
  
Edda ritiene che sia un’esperienza da ampliare: «Si potrebbe trovare una formula per ammettere anche i più giovani, a partire da 16 anni. Credo si migliorerebbe anche la condizione di tanti studenti, potrebbe essere un modo per contrastare l’esclusione sociale, per combattere per esempio il bullismo». Tra le varie proposte discusse alla Consulta per rendere più efficace il servizio civile c’è anche quella di aprire ai giovani detenuti nell’ultimo anno di pena. Sottolinea Edda: «Si potrebbe chiamare servizio civile integrato e permetterebbe a molti giovani di reinserirsi di nuovo nella società ed evitare pericolose ricadute nella malavita. Certo, occorrono più soldi da parte dello Stato. Ma sono sicuramente soldi ben spesi».

(Foto tratta da: www.salesianiperilsociale.it)

 
 
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