Dall'obiezione di coscienza al servizio militare, pagata con carcere e processi, al servizio civile universale. Ovvero dal 1948 al 2014. L'Italia ne ha fatto di strada. Un cammino difficile e tortuoso. D'altronde che questa scelta divida e faccia discutere lo dice la parola stessa: "obiezione", infatti, deriva dal latino "obicere", che significa
contrapposizione, rifiuto. L'obiezione di coscienza è, infatti, il rifiuto
di obbedire ad una legge o ad un comando dell'autorità perché
considerato in contrasto con i principi e le convinzioni personali
radicati nella propria coscienza.
Per quanto riguarda l'obiettore di coscienza al servizio militare armato i primi due casi dell'Italia del dopoguerra sono registrati sul finire degli anni Quaranta. Fanno riferimento a Rodrigo Castiello (pentecostale) ed Enrico Ceroni (testimone di Geova), entrambi inquisiti. Il
primo obiettore condannato alla reclusione fu Pietro Pinna (1948),
nonviolento, finito in carcere per 10 mesi; liberato fu condannato di
nuovo e ritornò in carcere finché fu prosciolto dal dovere del servizio
militare. Nel 1949 il socialista Calossi presenta il primo disegno di legge per il
riconoscimento dell'obiezione. Nel '57 e nel '62 il socialista Basso
ripropone l'iniziativa, segnata dall'indifferenza
del Parlamento e dall'ostilità del Governo e delle gerarchie militari.
Foto Mauro Vallinotto/archivio Famiglia Cristiana.
All'inizio
degli anni '60 si hanno i primi casi di obiettori cattolici che
dichiarano di voler vivere integralmente la non violenza evangelica,
espressa dai comandamenti "non uccidere" e "ama il prossimo tuo come te
stesso". Il primo cattolico che basa il suo rifiuto su motivi di fede è Giuseppe Gozzini nel 1962, seguito da padre Balducci che viene attaccato dalla
Chiesa ufficiale e difeso da don Milani che, in questa occasione,
scrive l'opuscolo "L'obbedienza non è più una virtù". I due sacerdoti, padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani, sono trascinati in Tribunale per apologia di reato. Questi
processi suotono l'opinione pubblica e portano alla ribalta il
problema dell'obiezione di coscienza, registrando importanti prese di
posizione a favore del rifiuto di armi e divisa.
La prima legge sull'obiezione di coscienza al servizio militare viene approvata il 15 dicembre 1972. Le norme rendono possibile la scarcerazione dei giovani
obiettori di coscienza e contemporaneamente segnano un cambiamento storico
nella legislazione italiana, perché introducono la possibilità di
rifiutare il servizio militare con le armi sostituendolo con un servizio
militare non armato. Con questa legge l'obiezione di coscienza, però, non
è ancora considerata un diritto, ma un beneficio concesso dallo
Stato a precise condizioni e conseguenze: la gestione del servizio
civile restava nelle mani del Ministero della Difesa. La legge, in ogni caso, è restrittiva e punitiva (8 mesi di servizio in più, commissione
giudicante, esclusione delle motivazioni politiche, dipendenza dai
codici e dai tribunali militari).
Nel 1992 il Parlamento licenzia un nuovo
testo di legge, ma l'allora Presidente Francesco Cossiga, rifiuta di
firmarla per incostituzionalità e la rinvia al Parlamento con una serie
di note di perplessità sul fenomeno. Il giorno dopo, però, il Presidente
scioglie le Camere e la riforma torna in alto mare. Il numero di obiettori, nel frattempo, aumenta: 16.000 domande nel 1990, 30.000 domande nel 1994,
70.000 nel 1998. Dopo
una serie di altri tentativi falliti nel corso della XI e XII
Legislatura, nel luglio del 1998 si giunge finalmente all'approvazione
della legge 230 che sancisce il pieno riconoscimento giuridico
dell'obiezione di coscienza. Con questa ultima legge l'obiezione di
coscienza non è più un beneficio concesso dallo Stato, ma diventa un
diritto della persona: il servizio civile rappresenta un modo
alternativo di "servire la patria", con una durata pari al servizio
militare, a contatto con la realtà sociale, con i suoi problemi, con le
sue sfide.
Giovedì 10 luglio 2014, l'ulteriore svolta. Per quanto riguarda il servizio civile universale il disegno di legge delega approvato prevede che i decreti legislativi vadano nella direzione di:
* istituire un servizio civile universale finalizzato alla difesa non
armata attraverso modalità rivolte a promuovere attività di solidarietà,
inclusione sociale, cittadinanza attiva, tutela e valorizzazione del
patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale della nazione, sviluppo
della cultura dell’innovazione e della legalità nonché a realizzare una
effettiva cittadinanza europea e a favorire la pace tra i popoli;
* prevedere un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei
contingenti di giovani di età compresa tra 18 e 28 anni, anche cittadini
dell’Unione europea e soggetti ad essi equiparati ovvero stranieri
regolarmente soggiornanti o partecipanti ad un programma di
volontariato, che possono essere ammessi al servizio civile universale e
di procedure di selezione ed avvio dei giovani improntate a principi di
semplificazione, trasparenza e non discriminazione;
* definire lo status giuridico dei giovani ammessi al servizio
civile
universale, prevedendo l’instaurazione di uno specifico rapporto di
servizio civile non assimilabile al rapporto di lavoro;
* coinvolgere
gli enti territoriali e gli enti pubblici e privati senza scopo di
lucro;
* prevedere criteri e modalità di accreditamento degli enti di
servizio civile universale;prevedere un limite di durata del servizio
civile universale che
contemperi le finalità del servizio con le esigenze di vita e di
lavoro
dei giovani coinvolti e della possibilità che il servizio sia
prestato,
in parte, in uno dei paesi dell’Unione europea, nonché, per
iniziative
riconducibili alla promozione della pace e alla cooperazione allo
sviluppo, anche nei paesi al di fuori dell’Unione europea.