Il punto di partenza è che «non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». La Chiesa italiana s'avvia verso la 49a Settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021 sul tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso” presentando un articolato Instrumentum laboris che in 65 pagine e sette capitoli abbraccia diversi argomenti di stretta attualità, dal Coronavirus che c'assedia allo smart working che un po' tutti viviamo in presa diretta.
Il Covid, innanzitutto. Irrompono le toccanti parole pronunciate da papa Francesco il 27 marzo 2020, in una Piazza San Pietro deserta, flagellata dalla pioggia: «La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità». La pandemia semina paura. Dolore. Morte. E domande. «Prima di chiederci "cosa" vogliamo fare occorre riflettere su "chi" vogliamo essere e verso "dove" vogliamo andare», sostiene l'Instrumentum laboris
«L’intervento dell’essere umano sulla natura è spesso dominato da interessi che mirano allo sfruttamento della natura e delle persone», si legge ancora nel documento. Soffermandosi sul fatto che “l’attività umana si trasforma in un idolo, fino a diventare una ‘economia che uccide’”, il documento ricorda che “quella ecologica è una questione spirituale”. “Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo che abbracci anche la cura della casa comune, premessa che dà origine al principio del bene comune globale. E che non dimentichi di custodire la bellezza del creato». La 49ª Settimana sociale intende dare «un contributo per sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia e ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale».
L’attenzione viene posta, quindi, sul cambiamento climatico che «continua ad avanzare con danni che sono sempre più grandi e insostenibili. Non c’è più tempo per indugiare: ciò che è necessario è una vera transizione ecologica che arrivi a modificare alcuni presupposti di fondo del nostro modello di sviluppo». Infine, considerando che «lo sfruttamento è una logica di azione che investe sia il rapporto con la natura che con le altre persone», l’Instrumentum laboris evidenzia che «non è possibile affrontare la questione ecologica senza il senso di giustizia che guarda al problema cominciando dai più poveri». Non bisogna inoltre dimenticare che «c’è una precisa relazione tra il degrado ambientale e i cambiamenti climatici e i flussi migratori. Negare tale relazione significa negare l’interdipendenza che lega insieme tutta la vita - umana e non - sul pianeta terra».
Tra le risposte concrete suggerite, c'è l'invito a «valorizzare la bioeconomia che supera il "paradigma lineare" di produzione (materia prima, prodotto finito, rifiuti da smaltire nell’ambiente) per adottare un «paradigma di economia circolare» che, partendo dalla progettazione di prodotti, trasformi i residui in materia seconda che dà origine ai prodotti successivi»
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«Senza un cambiamento profondo degli stili di vita individuali e senza la creazione di consuetudini e norme sociali virtuose definite dalla somma di tanti comportamenti individuali nella stessa direzione persino norme giuridiche che muovono nella direzione giusta saranno inefficaci», puntualizza l'Instrumentum laboris citando la Laudato si': «solo dalla conversione personale e comunitaria può nascere un desiderio di maggiore generatività ed impatto. Ciò è ancora più urgente nell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo».
«L’emergenza Covid, unitamente alle decisioni sul Recovery Fund prese dall’Unione europea, rappresenta un’occasione unica per accelerare in positivo il cambiamento del paradigma economico basato sulla convinzione che ci si salva solo insieme», sottolinea il documento. Che mette in fila una serie di temi concreti. Nodi da scogliere. Sfide da affrontare. Il lavoro, ad esempio. «Rimangono centrali i contratti nazionali collettivi di lavoro che possono essere lo strumento per promuovere nuove forme di produttività durevole e per armonizzazione tra lavoro-formazione-vita privata, compreso il tempo da dedicare alla cura della propria salute e di quella dei familiari». Un suo corollario - evidenziato dall'emergza sanitaria - è lo smart working. «Gli ultimi mesi sono stati una gigantesca esercitazione collettiva», si legge nell'Instrumentum laboris, «in cui ci siamo ritrovati più ricchi di tempo e potenzialmente capaci di conciliare vita di lavoro e familiare». Esistono anche pericoli da cui guardarsi: «Lo smart working rischia di ridurre la qualità delle relazioni umane, amplificare diseguaglianze se non è accompagnato da investimenti in materia di qualità delle postazioni di lavoro domestiche (connessione alla rete, qualità dei terminali, comfort dell’ambiente di lavoro domestico), di equa divisione del tempo, di cura nell’abitazione. I rapporti tra datore di lavoro e lavoratore vanno inoltre profondamente ridefiniti facendo attenzione ad evitare abusi e focalizzando maggiormente l’attenzione sul frutto del lavoro piuttosto che sulla rigidità di orario. Il ‘divario digitale’ rimane un tema da affrontare».
La finanza, infine. «Va riportata al suo ruolo sociale attraverso una cornice regolativa europea che ne combatta le tendenze più speculative. Di recente anche all’interno del mondo finanziario si sono registrati i primi segnali del passaggio verso una finanza sostenibile sotto tutti i profili: ambientale, sociale e economico». Preso atto della insostenibilità dei vecchi modelli, si comincia a riconoscere che nemmeno la finanza può pensarsi come una ‘variabile indipendente'”, osserva il testo. L’Instrumentum laboris indica «la tendenza crescente dell’ultimo decennio verso pratiche finanziarie sostenibili». pratiche «attente alle questioni sociali e a sostegno di una transizione ecologica. Si vanno così rafforzando i cosiddetti Investimenti socialmente responsabili e gli Investimenti compatibili con l’ambiente, il sociale e il buon governo».
Tipologie di investimenti diretti alle aziende e agli Stati che rispettano i criteri e le convenzioni socio-ecologiche e dimostrano un impatto positivo e non distruttivo sotto tutti i profili sull’ambiente e sulla società nel suo complesso. «Si tratta di segnali importanti che vanno però rafforzati perché la transizione ecologica ha bisogno di una finanza che ne sia al servizio». La necessità indicata è, dunque, quella di «correggere il sistema delle regole di un mercato finanziario che tende a rimanere troppo speculativo e che distrugge la varietà delle forme di impresa e del settore bancario». In particolare, soffermandosi sulla normativa bancaria europea, il testo evidenzia che «dovrebbe prendere maggiormente in considerazione e valorizzare il ruolo delle banche di comunità e cooperative, la cui proprietà è ancora nelle mani dei cittadini e non di fondi esteri: anche per tale ragione sono soggetti interessati alla ‘vita dei luoghi’ dove l’ecologia integrale prende concretamente forma».