Aprile 2013, Matteo Renzi ospite di "Amici" di Maria De Fillippi cita Filippo Brunelleschi: "Tutti lo consideravano mezzo matto perché voleva costruire la Cupola e alla fine ce l'ha fatta"
«Ma lei lo sa che Gianni Agnelli è
morto senza aver mai visto in vita sua gli affreschi di Piero della
Francesca? Anche Berlusconi non è mai andato ad Arezzo per vederli.
È un po' come aver vissuto in Italia senza aver mai mangiato la
pizza margherita o gli spaghetti alla carbonara».
Vittorio Sgarbi, un anno fa mi disse
più o meno le stesse cose quando uscì Il Tesoro d'Italia.
«È che non mi rassegno».
A cosa?
«Alla non conoscenza di opere che
tutti dovrebbero conoscere».
E perché?
«Fanno parte del patrimonio
universale, sono bellezza pura e si trovano a due passi da noi, ci
camminiamo sopra ogni giorno».
Brusio in sottofondo. La telefonata
s'interrompe. Stare dietro a Sgarbi è faticoso anche al telefono.
Allora, riprendiamo?
«Quasi tutti i politici sono ignoranti
in storia dell’arte».
Non si salva nessuno?
«Furio Colombo, forse Fanfani».
E Renzi che è toscano?
«In astratto qualche idea ce l’ha.
Ha pure citato Brunelleschi dalla De Filippi che è un buon segnale.
Il problema è che in Italia due lingue universali come l’arte e la
musica sono entrambe insegnate male».
Quindi tutti i politici dovrebbero
leggere il suo libro?
«Speriamo. Io l’ho mandato a
Napolitano, alla Boschi no. Essendoci molti toscani al governo,
magari qualcosina in più la conoscono perché loro hanno un rapporto
privilegiato con l’arte».
La copertina dell'ultimo libro di Sgarbi
Altra interruzione. Il viaggio di
Sgarbi in giro per l'Italia ha prodotto un altro manuale
godibilissimo: Gli anni delle meraviglie, da Piero della Francesca
a Pontormo, Il Tesoro d’Italia II (Bompiani, pp. 480, euro
22). C'è La Flagellazione di Urbino e l’Annunciata di Antonello da
Messina, la Tempesta di Giorgione e L'Amor sacro e Amor profano di
Tiziano. Piero della Francesca con il «suo Dio immanente calato
nell'ordine delle cose». Poi, alcune incursioni tra le opere
“minori”. Ecco Giovanni Antonio Amadeo con la Resurrezione di
Lazzaro della Certosa di Pavia, o la Formella del Pulpito del Duomo
di Cremona di Giovanni Antonio Piatti; e ancora, lo stipo con Vaso di
Garofani di Cristoforo da Lendinara nel Duomo di Modena. Fil rouge il
Rinascimento italiano raccontato attraverso l'estro e la passione di Sgarbi.
Ma esattamente cos’è questo libro?
Una guida turistica, un manuale, l'indicazione di un gran tour...
«È un libro di storia dell’arte per
le scuole ma per quelli che hanno già finito le scuole e che quindi
hanno perso l’occasione di una vita di sapere l’essenziale. Il
fatto di non conoscere queste opere deriva da un insegnamento
mancato, da libri d'arte acquistati e mai letti, da una storia
dell’arte mortificata a scuola. Uno si prende questo libro e tutto
quello che non ha studiato gli viene proposto in una chiave più
personale, che è la mia interpretazione, ma rispettando la
cronologia tradizionale dei manuali di storia dell’arte».
Cos'è stato il Rinascimento per
l’Italia?
«Uno dei momenti in cui si è riflettuto sulla grande tradizione della storia e si è fatto rinascere e rivivere il mondo antico greco e romano. Roma
è fiorita di nuovo grazie a maestri come Piero della Francesca e
Andrea Mantegna. Non c'è, probabilmente, nella storia umana e nella
sua espressione attraverso l'arte, momento più alto e fervido
d'invenzioni di quello che va dalla metà del Quattrocento alla metà
del Cinquecento nel nostro Paese».
Tre luoghi descritti nel libro che uno
dovrebbe assolutamente conoscere?
«Piero della Francesca ad Arezzo,
Mantegna a Mantova, Francesco del Cossa e i pittori ferraresi a
Ferrara, Gaudenzio Ferrari al Sacro Monte di Varallo».
Le piace il ministro della Cultura
Franceschini?
«È l’ultimo esponente della Prima
Repubblica che ha una certa esperienza della storia e buona volontà
politica, rispetto a quelli della nuova generazione che non hanno né
l’una né l’altra. Diciamo che è da un lato ha una certa
sensibilità e cultura tale da consentirgli di fare bene».
Ma i Bronzi di Riace non si potevano
proprio portare a Milano per l'Expo?
«Certo che si possono spostare come
gran parte delle opere d’arte».
Allora cosa è successo?
«La commissione nominata da
Franceschini è fatta da bugiardi perché hanno detto il falso. Il
Satiro Danzante, che è della stessa epoca, non è stato forse
portato in Giappone? Questi esperti hanno detto che non potevano
garantire che subissero eventuali danni. È un po’ come dire che io
posso avere l’infarto se vado sul tram o che non posso uscire da
casa casomai vengo investito. Sono furioso. Hanno creato un caso ad
hoc per i Bronzi rendendoli di fatto diversi da ogni altra opera.
Solo loro non possono essere spostati. È come se sul piano
costituzionale alcune opere avessero più diritto di tutela di altre,
non si capisce perché. È assurdo. Qualche giorno fa ho parlato con
i restauratori che li hanno curati e mi hanno confermato che si
potevano spostare».
È d'accordo con l'idea rilanciata da
Franceschini di ripristinare l'arena al Colosseo?
«Sì, è un progetto fattibile. La
proposta arriva da Daniele Manacorda che è un bravo archeologo».
Le piace la nuova collocazione della
Pietà Rondanini all'ospedale spagnolo del Castello Sforzesco?
«Altro errore grave che ho cercato di
impedire con i precedenti ministri. Era stato allestito uno spazio
formidabile di architettura contemporanea ad hoc che era protettivo e
dava all’opera una sua solitudine e non è stato sfruttato. Quello che hanno deciso adesso è per
rendere fruibile l'opera a più persone possibile durante il periodo
dell’Expo».
Il prossimo libro su cosa sarà?
«Dal 1550 al 1650, da Caravaggio a
Canova. Altra epoca formidabile».