A
400 anni dalla morte di Shakespeare, il 23 aprile 1616, Franco
Branciaroli sta provando un nuovo allestimento di Macbeth
di cui era già stato protagonista, sia da ragazzino in una delle sue
prime recite scolastiche al liceo, sia nell’edizione diretta da
Giancarlo Sepe; ha anche interpretato altri classici shakespeariani
come Otello,
con la regia di Gabriele Lavia, La
Bisbetica domata
al fianco dell’indimenticabile Mariangela Melato, Riccardo
III,
diretto da Antonio Calenda.
Oggi rappresentare Shakespeare,
“nostro contemporaneo”, come lo definì nel libro omonimo il
critico polacco Jan Kott, al di là dei tanti spettacoli per
celebrarne l’anniversario, o le consuete messinscene che vengono
proposte ogni anno per il teatro ragazzi, o come laboratori nelle
scuole e nelle carceri, o sotto forma di musical, significa
misurarsi con tematiche universali - l’amore, la morte, la gelosia,
la paura - attraverso azioni o parole di personaggi celeberrimi.
Franco Branciaroli che interpreta e dirige Macbeth,
a pochi giorni dal debutto al CTB a Brescia, spiega le motivazioni
che lo avvicinano al drammaturgo inglese e alla scelta di ritornare a
indagare un personaggio così complesso: «è un testo molto
difficile, maledetto, quando lo leggi promette molto, ma quando lo
vedi, può deludere, perché Macbeth è un personaggio costruito
attraverso soliloqui, riflessioni, mentre Lady Macbeth ha molte
scene d’azione, apparendo spesso nella tradizione scenica come il
personaggio in primo piano. Studiando a fondo il mio personaggio, a
parte la sua sete di potere, che molti hanno, ho scoperto che è un
uomo che prova un forte disagio nell’essere al mondo, è un
malinconico, ha una vera e propria malattia, non sta bene nella vita;
non è il solo personaggio shakespeariano ad essere così, infatti
paradossalmente lo è anche Romeo, che vive l’amore come frutto di
immaginazione: se ci pensiamo, si innamora di una ragazza che ha
visto lontanissima in una festa, ma che porta a trascinare tutti
alla morte.»
Branciaroli evidenzia anche con alcune frasi
chiave, interpretate dalla sua voce inconfondibile, caratteristiche
non presenti in altri allestimenti: «Macbeth ha come desiderio la
distruzione: si pensi alle sue battute come “si sconnetta la
struttura delle cose”, “soffrano entrambi i mondi”, “sono
stanco del sole”, “vorrei che la struttura del mondo si
sgretolasse” sono indice del suo disagio esistenziale. Ci sono
individui che nell’essere gettati nel mondo sono caduti
nell’inferno, come Macbeth, che, al di là del male che compie,
uccidendo per ragioni politiche, vive di immaginazione, quasi non
rendendosi conto delle azioni malvage che compie, infatti dice:
“nulla è se non quello che non è.” Per questo ho scelto di
fare apparire in scena le streghe e il fantasma di Banquo, che lui ha
ucciso, così che non siano solo frutto del suo inconscio, ma parte
della sua vita di uomo che vive negli incubi. Anche quando uccide non
si comporta da guerriero, ma diviene una belva spietata, appare così
un uomo entrato in un gorgo senza via d’uscita, spinto dalla sua
natura solo distruttiva. Se si pensa a Riccardo III di Shakespeare,
anche lui è un assassino, ma se lo sai interpretare bene, fa anche
ridere, è un testo “sanguinariamente comico”, invece Macbeth
dovrebbe suscitare pietà, perché colpito da una brutta malattia
insita dentro di lui che lo porta a fare il male senza potersi mai
saziare».
Branciaroli,
con la passione che contraddistingue il suo lavoro, spiega anche
l’importanza di proporre Shakespeare, al di là dell’anniversario,
per difendere il mestiere del teatro; infatti sia per il pubblico sia
per gli attori, il drammaturgo offre insegnamenti significativi,
oltre a fornire ruoli che possono aiutare un attore a migliorare
sempre la sua tecnica: «Il teatro di Shakespeare va fatto da grandi
attori, non importano le scenografie sontuose, basta un semplice
fondale, ma ci vogliono attori preparati, tutti di buon livello.
Come diceva anche il critico Antonio Gramsci non ritrovi la grandezza
del testo originale, non appare il genio dell’arte se rimane uno
scarto enorme tra scena e lettura: perciò bisogna avere il massimo
della bravura attoriale, non solo per il ruolo del protagonista, ma
anche per l’ultimo dei servi. Infatti Shakespeare non costruisce i
personaggi in prospettiva, cioè il primo alto due metri e l’ultimo
alto un centimetro, ma li fa tutti come in un bassorilievo, ognuno ha
lo stesso spessore e la stessa dignità degli altri, così da offrire
un buon esercizio scenico agli attori. Oggi, inoltre, si cerca di
smantellare il teatro, togliendo i finanziamenti e trasformando le
sale teatrali in resort con ristoranti e piscine per invogliare il
pubblico ad andare a teatro. Non è quello che vorrebbe Shakespeare
che portava i suoi spettacoli a corte, ma con The Globe ha anche
inventato il teatro commerciale».
Dove
e quando
MACBETH,
di William Shakespeare.
Regia di Franco Branciaroli.
Scene di
Margherita Palli.
Costumi di Gianluca Sbicca.
Luci di Gigi
Saccomandi.
Con Franco Branciaroli, Valentina Violo e con Tommaso
Cardarelli Enzo Curcurù, Stefano Moretti, Fulvio Pepe Livio Remuzzi,
Giovanni Battista Storti.
Produzione CTB Centro Teatrale Bresciano -
Teatro de Gli Incamminati.
Dal 10 al 22 maggio 2016 al Centro
Teatrale Bresciano, Brescia.
Info:
Teatro Sociale di Brescia, Via Felice Cavallotti, 20, tel. 030
2808600, sociale.biglietteria@ctbteatrostabile.it,
www.ctbteatrostabile.it