(Foto Reuters in copertina: Shirin Ebadi. Nella foto sopra: l'attivista Premio Nobel per la pace, a sinistra, con la presidentessa del Telefono Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli presso la sede dell'associazione a Roma).
«La violenza domestica colpisce le donne in tutto il mondo, è un problema globale, e riguarda anche l’Iran. Nel mio Paese ancora oggi è molto diffuso e radicato il delitto d’onore, che viene incoraggiato dalle leggi: se una donna tradisce il marito con un altro uomo, il coniuge ha diritto di uccidere entrambi, moglie e amante, senza che questo costituisca un reato. Non è un'istigazione per gli uomini a uccidere le donne?». A parlare, presso la sede a Roma dell’Associazione nazionale Volontarie Telefono Rosa Onlus, è Shirin Ebadi, 72 anni, avvocata e attivista per i diritti umani iraniana, Premio Nobel per la pace 2003 - prima donna musulmana a ricevere questo riconoscimento - che da dieci anni vive in autoesilio a Londra a causa del suo impegno umanitario fortemente osteggiato dalle autorità di Teheran. Magistrato, dopo la Rivoluzione khomeinista la Ebadi è stata costretta a lasciare il suo incarico, così come tutte le donne giudici. Con altri avvocati iraniani, a Teheran ha fondato Defenders of human rights center, organizzazione per la difesa dei diritti umani in Iran, della quale lei è tuttora presidente.
Dilaniato da povertà e disoccupazione l’Iran - afferma l’attivista e pacifista - non è un Paese per i giovani, privi di speranze per il futuro, e per le donne. Nonostante la maggioranza della popolazione studentesca nelle università sia composta da ragazze, per le iraniane la strada dell’emancipazione e delle pari opportunità è ancora lunga. «Dopo la Rivoluzione islamica del 1979 alle donne è stato imposto il velo islamico obbligatorio. Da allora, le iraniane manifestano contro questo obbligo. La prima marcia di protesta avvenne l’8 marzo del 1979 (un mese dopo la Rivoluzione). Le donne hanno sempre protestato, in diversi periodi e in forme differenti. Ma oggi il vero problema per le donne non è il velo, bensì una legislazione discriminatoria che è stata varata dopo la Rivoluzione e che non riconosce i loro pieni diritti. Solo un esempio: in un tribunale la testimonianza di due donne vale quanto quella di un solo uomo. Ecco perché le iraniane sono sempre state contro il regime e oggi sono in prima linea nelle proteste e molte di loro sono state arrestate».
Ricorda il dramma di Narges Mohammadi, attivista iraniana, sua amica e collega, vicepresidente della Ong per i diritti umani fondata dalla Ebadi, che è chiusa in carcere a Teheran dove sta scontando16 anni di detenzione: «Narges è stata insignita del Premio Alexander Langer, in Italia, e del Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Ora è molto malata e non le danno la possibilità di essere visitata da un medico. Io voglio lanciare un appello perché possa essere curata».
E aggiunge: «Nelle società dove la violenza domestica è molto diffusa associazioni come il Telefono Rosa sono molto utili e fanno un grande lavoro. In Iran le organizzazioni a difesa dei diritti umani e civili sono state chiuse e non ci sono organismi che possano proteggere le donne, come invece avviene in Italia».
In coincidenza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre il 25 novembre, l’Associazione Telefono Rosa promuove due eventi a Roma: al mattino, presso il teatro Quirino, l’annuale Convegno internazionale “Le donne, un filo che unisce mondi e culture diverse”, con la partecipazione fra gli altri di Shirin Ebadi, che parlerà davanti a 900 studenti delle scuole superiori romane. Nel pomeriggio, presso la Sala stampa estera, il convegno “La Toga: baluardo dei diritti e delle libertà fondamentali-Analisi e riflessioni”. Presenti come relatori, oltre all’attivista iraniana Nobel per la pace, la senatrice Monica Cirinnà, del presidente dell’Ordine degli avvocati Antonio Galletti, il presidente della Camera penale Cesare Placanica, la vicepresidente del Telefono Rosa Antonella Faieta. La tavola rotonda è moderata da Simonetta Matone, sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Roma.
Telefono Rosa è nato nel 1988 e nel 1990 si è costituito come Associazione nazionale, che attualmente conta oltre novanta volontarie, fra cui avvocate e psicologhe. Da dicembre del 2012 Telefono Rosa gestisce il Numero di pubblica utilità 1522, attivo tutti i giorni dell’anno 24 ore su 24, gratuito e disponibile in diverse lingue, per fornire una prima, immediata risposta alle richieste di aiuto delle vittime di violenza di genere e stalking, orientandole verso i servizi socio-sanitari. Informazioni: www.telefonorosa.it.