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martedì 17 settembre 2024
 
Israele-Palestina
 

«Si bombarda anche con le nostre armi»

13/07/2014  La Rete Italiana Disarmo denuncia che Israele è il più importante acquirente delle nostre armi: tra il 2008 e il 2012 ne abbiamo vendute al Governo di Tel Aviv per 476 milioni di euro. Ma la nostra legislazione vieta di vendere materiale bellico ai Paesi in conflitto.

«L'Italia sospenda immediatamente l'invio di armi e sistemi militari a Israele». È un appello che non ammette deroghe quello lanciato in queste ore da Rete Italiana Disarmo. Ritorna l'incubo del conflitto in Palestina, una realtà sempre latente ma che ora riesplode in tutta la sua brutalità: oltre 130 i morti solo negli ultimi cinque giorni.

In un contesto così drammatico, che lascia presagire una spirale di violenza fuori controllo, si riaccende il dibattito sul ruolo delle armi made in Italy negli scenari bellici internazionali.

Tra i Paesi dell'Unione Europea, l'Italia è attualmente il primo esportatore di sistemi militari e armi leggere verso Israele: nel periodo 2008-2012, come rivelano i dati UE elaborati dall'analista Giorgio Beretta, sono state autorizzate vendite di sistemi militari per circa 476 milioni di euro (una cifra impressionante, se consideriamo che il totale delle esportazioni europee in quell'arco temporale supera di poco il miliardo di euro).

Non solo: il 9 luglio, proprio mentre riprendevano i raid su Gaza, dal nostro Paese sono partiti i primi due aerei addestratori M-346 destinati alle forze israeliane. Tutto questo, denuncia Rete Disarmo, «in aperto contrasto con la nostra legislazione, che prevede l’impossibilità di fornire armamenti a Paesi in stato di conflitto armato o i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani».

Già in passato la Rete, che raggruppa le principali organizzazioni italiane impegnate per il disarmo e il controllo degli armamenti, aveva preso posizione contro le esportazioni verso Israele. Uno dei primi allarmi risale ai tempi del governo Monti, quando il nostro Paese siglò con Tel Aviv l'accordo per la vendita di 30 aerei addestratori M-346 (i primi due, come detto, sono appena stati consegnati).

Oggi, col riesplodere del conflitto arabo-israeliano, quell'accordo appare più che mai in contrasto con i principi costituzionali. Anche perché il termine “addestratori” non deve trarre in inganno. In realtà, rilevano gli analisti, i velivoli «possono anche essere armati e utilizzati per bombardamenti. Risulta quindi fondata e concreta la preoccupazione che materiale d'armamento prodotto nel nostro Paese possa contribuire a rendere ancora più grave la situazione di un conflitto decennale e mai rimarginato».

Alla luce di queste considerazioni la Rete Disarmo si aspetta un impegno concreto e urgente da parte del nostro Governo. «Condividiamo la grande preoccupazione espressa dal ministro degli Esteri, Federica Mogherini, per l’aggravarsi della situazione e chiediamo che alle doverose parole di condanna degli attacchi aerei sulle aree civili faccia immediatamente seguito un'azione inequivocabile da parte del Governo italiano, come la sospensione dell’invio di sistemi militari e di armi nella zona. Il nostro Governo, che in questo semestre ha l’incarico di presiedere il Consiglio dell’Unione europea, si faccia subito promotore di un’azione a livello comunitario per un embargo europeo di armi e sistemi militari verso tutte le parti in conflitto, per proteggere i civili inermi e riprendere il dialogo tra tutte le parti».

 
 
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