Si è spenta domenica 15 maggio, nella solennità di Pentecoste, Irene Bertoni, 93 anni, prima mamma di vocazione e insieme a don Zeno Saltini cofondatrice nel 1948 a Fossoli (vicino a Carpi) di Nomadelfia, che significa dal greco «Dove la fraternità è legge». Giovane studentessa liceale, Irene scappa di casa diciottenne nel 1941 per raggiungere don Zeno a San Giacomo Roncole, vicino a Mirandola (Modena), dove lui accoglie come figli ragazzi abbandonati. Lei si dice disposta a far loro da madre e il sacerdote, con l’approvazione del vescovo, le affida i più piccoli. Altre giovani donne la seguono, sono le “mamme di vocazione”.
L’8 dicembre 1941 Irene si presentò al vescovo con due figli, dicendogli: «Non sono nati da me, ma è come se li avessi partoriti io». Il presule la benedisse e il giorno di Natale riconobbe davanti all’altare questa nuova famiglia. «Sembra un fatto da poco, ma con Irene nasce nella Chiesa e nel mondo una nuova figura: vergini non consacrate, che rinunciano al matrimonio per accogliere figli abbandonati. Sono le “mamme di vocazione”», fanno notare i responsabili di Nomadelfia.
Altre donne la seguono. Dopo Irene, arrivano Maria Teresa, Norina, Jemina, Giselda, Elis, Enrica, Ada, Sirte, Zaira... e Anna. E con Anna, fidanzata di Nelusco, ecco l’audace colpo di mano che ha convinto don Zeno a coinvolgere le coppie di sposi in un rinnovamento comunitario sull’esempio delle prime comunità cristiane. Era il 26 dicembre 1947, don Zeno benedice le nozze di Nelusco e di Anna e durante la stessa celebrazione affida loro i primi cinque figli. Col passare degli anni diventeranno cinquanta e altre coppie di sposi li imiteranno.
Dopo pochi anni si uniscono a loro altre famiglie di sposi, tutte disponibili ad accogliere figli non biologici che si trovino in stato di abbandono. Questi minorenni vengono accolti in Nomadelfia, e sono affidati all’altare alle mamme di vocazione o alle famiglie di sposi con le parole che Gesù rivolse dalla croce alla Madonna e all’apostolo Giovanni: «Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre».
Per oltre cinquant’anni circa Irene ha vissuto a Roma per curare i rapporti con la Santa Sede e con lo Stato italiano. Nel corso della sua esistenza ha donato la maternità a 58 figli. Ha incontrato in questi decenni sia i Presidenti della Repubblica Italiana, sia vari papi (Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e anche papa Francesco. Il 10 dicembre 2012, ritirando in Campidoglio il Premio europeo per la vita “Madre Teresa di Calcutta” consegnatole dal Movimento per la vita, aveva commentato: «Pio XII è stato un grande uomo. A Giovanni XXIII ho portato uno dei figli che ha avuto una forma di malattia infettiva. Paolo VI non ho fatto in tempo a conoscerlo. Giovanni Paolo II ci ha aiutato moltissimo. Benedetto XVI l’ho incontrato il 13 gennaio e lui mi ha detto: “Lei dev’essere una guardia molto attenta al carisma del fondatore. Voi, il vostro amore di maternità, l’avete proprio trasmesso, non solo: l’avete inculcato nel cuore dei vostri figli!”. Io, sinceramente, se dovessi tornare ai miei 18 anni, rifarei tutto daccapo».
I funerali si terranno nella comunità di Nomadelfia mercoledì 18 maggio alle ore 10.30.