Si infiamma la tensione fra israeliani e palestinesi. Scorre il sangue alla frontiera fra la striscia di Gaza e Israele dove i palestinesi hanno cominciato oggi la “Grande marcia del ritorno”, che intende commemorare l’uccisione di sei palestinesi da parte dell’esercito israeliano nel 1976, durante gli scontri per la confisca dei terreni da parte di Israele.
La manifestazione è degenerata in scontri. Secondo le autorità di Hamas, l’organizzazione che controlla Gaza, ci sarebbero 16 morti e olttre un migliaio di feriti. Altri tre gravi sono stati trasportati in ospedale a Ramallah. L’età delle vittime è compresa fra i 19 e i 38 anni.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ordinato un'inchiesta indipendente e trasparente per accertare lo svolgimento dei fatti. Dopo una riunione di emrgenza il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha condannato la violenza.
All’appello di Hamas per la manifestazione di venerdì hanno aderito circa 20.000 persone. Secondo le autorità israeliane, la protesta è il pretesto per tentare di violare la frontiera con Israele. Il comandate israeliano Eyal Zamir ha dichiarato che “dietro i disordini si nasconde il tentativo di realizzare attacchi terroristici” e ritiene Hamas responsabile degli scontri. Il portavoce dell’esercito israeliano accusa inoltre i palestinesi di mandare allo sbaraglio donne e bambini, mettendo a rischio la loro vita. Il portavoce ha citato il caso di una bambina di sette anni che sarebbe stata mandata in avanscoperta verso le barriere di sicurezza con lo scopo di costringere gli israeliani a sparare. Per fortuna, non è accaduto.
I palestinesi hanno concentrato la protesta in cinque luoghi lungo la frontiera e dall’altra parte gli israeliani hanno schierato 100 tiratori scelti, militari, mezzi blindati e carri armati.
I manifestanti hanno cominciato a incendiare pneumatici, lanciare pietre e bombe incendiarie contro i militari israeliani, che hanno risposto sparando soprattutto pallottole di gomma e gas lacrimogeni, ma in alcuni casi hanno aperto il fuoco.
La rabbia dei palestinesi è stata alimentata fin dal primo mattino dalla notizia dell’uccisione di Omar Waheed Abu Samour, un giovane agricoltore di 27 anni, colpito a morte da un carro armato israeliano prima ancora che cominciasse la manifestazione. Alcuni testimoni hanno riferito alla BBC che Samour e un amico stavano raccogliendo del prezzemolo nei campi vicino alla frontiera, nella località di Khan Yunis. L’amico di Samour è rimasto ferito. Secondo un portavoce dell’esercito israeliano, “due sospetti si sono avvicinati alle barriere di sicurezza e hanno cominciato ad agire in modo sospetto, perciò il carro armato ha sparato verso di loro”.
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato che le autorità israeliane hanno la "piena responsabilità" delle vittime di venerdì al confine di Gaza.
Una manifestazione parallela, con la partecipazione di circa 900 palestinesi, si è svolta anche in Cisgiordania. La mobilitazione dei palestinesi dovrebbe continuare fino al 15 maggio, giorno in cui viene celebrata la “Nabka”, cioè la catastrofe. Si tratta degli eventi del 1948, quando la nascita di Israele provocò l’esodo di centinaia di migliaia di palestinesi. Quest’anno, a infiammare ulteriormente gli animi, si aggiunge la testardaggine del presidente americano Trump, deciso a far inaugurare l’ambasciata statunitense a Gerusalemme (una decisione unilaterale contestata da gran parte della comunità internazionale), proprio a metà maggio, in occasione del 70° anniversario della dichiarazione di indipendenza di Israele. In questo clima è come gettare olio sul fuoco.