Al peggio non c’è limite. Non si tratta di invocare severamente le norme che prevedono che «nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o fedele, svolgendo il proprio ufficio, compia solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza» (Sacrosanctum Concilium 28). Qui si tratta di buon gusto, di buon senso e di intelligenza di ciò che si sta compiendo. Il momento della Comunione non solo è il vertice della partecipazione attiva, ma costituisce l’atto di fede personale e culminante di tutta la celebrazione. Proprio per questa ragione la riforma liturgica ha voluto ripristinare l’antica e originaria formula per ricevere il corpo e il sangue di Cristo. Privare il fedele di questo atto di fede significa mutilare la finalità stessa della Messa.