logo san paolo
lunedì 05 giugno 2023
 
la riflessione
 

Si vuole legalizzare l’eutanasia in nome della “pietà” per i malati

10/08/2022  «Il caso di Elena, la donna veneta di 69 anni malata di un tumore e accompagnata da Marco Cappato a morire in Svizzera, è un appello alla nostra coscienza cristiana. Si vuole forzare il Parlamento ad allargare le maglie con l’obiettivo finale di rendere quasi auspicabile e moralmente opportuno “tirarsi giù dalle spese” quando una malattia diventa cronica o gravemente inabilitante?». Nel numero in edicola dall'11 agosto, Famiglia Cristiana affronta il dibattito sul fine vita. Intervengono il direttore, don Stefano Stimamiglio, e il professor Luciano Eusebi, docente di Diritto penale alla Cattolica di Milano

Elena. Foto Ansa.
Elena. Foto Ansa.

 «Il caso di Elena, la donna veneta di 69 anni ammalata di un tumore polmonare e accompagnata da Marco Cappato a morire in Svizzera con il suicidio assistito, è un appello alla nostra coscienza cristiana. C’è in atto il tentativo di arrivare a grandi passi verso una legge che renda più facilmente accessibile il suicidio assistito anche per i malati oncologici e forzare il Parlamento ad allargare le maglie con l’obiettivo finale di rendere quasi auspicabile e moralmente opportuno in un non lontano futuro “tirarsi giù dalle spese”, quando una malattia diventa cronica o gravemente inabilitante». Nel numero da domani in edicola, Famiglia Cristiana affronta il dibattito sul fine vita partendo dal caso di Elena, la donna che ha scelto di morire con il suicidio assistito in una clinica specializzata di Basilea.

Lo fa in primo luogo nella rubrica Colloqui col padre in cui il direttore, don Stefano Stimamiglio, risponde a un lettore. «Da cristiani», sottolinea il direttore, «non dobbiamo giudicare le persone che prendono queste decisioni estreme. Ma dobbiamo anche ricordare che il caso di questa donna non rientrava tra i “paletti” posti dalla Corte Costituzionale nella sentenza, relativa al caso di deejay Fabo, con cui ha parzialmente depenalizzato il suicidio assistito. Il “fine vita”», ricorda ancora don Stimamiglio, «non è solo l’ultima fase della vita biologica, ma è quella che riassume tutte le altre e che in qualche modo le compie. Scartarla con un atto volontario mi sembra che vada a scartare tutta la persona. Se non diamo risposte concrete e amorevoli alla sofferenza delle persone, la richiesta di morte rischia di presentarsi come lo sbocco finale della disperazione, della solitudine, dell’indifferenza, che contraddice, o non riconosce più, la fondamentale dimensione relazionale che ci unisce tutti e che inevitabilmente si riflette nelle scelte individuali».

Al caso di Elena è dedicato anche l’intervento del professor Luciano Eusebi, docente di Diritto Penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché membro del Comitato scientifico del Centro di bioetica dell’Ateneo e consigliere dell’associazione “Scienza e Vita”: «Può forse ignorarsi che il trend in favore dell’eutanasia sottintende anche valutazioni di ordine economico, molto distanti dall’enfasi dedicata a veri o presunti diritti individuali?», chiede Eusebi che si sofferma anche sul ruolo dei cattolici su questo tema: «I cattolici», scrive, «devono saper suscitare interrogativi non in nome di motivazioni religiose, ma secondo ciò che può indurre ciascuno a riflettere. Evitando di legare la sensibilità bioetica all’uno o all’altro schieramento politico. Così da includerla nel contesto, non frammentabile, della dottrina sociale, al fine di promuovere una visione della democrazia scevra da cedimenti alla cultura dello scarto».

Al caso di Elena è dedicato anche l’intervento del professor Luciano Eusebi, docente di Diritto Penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché membro del Comitato scientifico del Centro di bioetica dell’Ateneo e consigliere dell’associazione “Scienza e Vita”: «Può forse ignorarsi che il trend in favore dell’eutanasia sottintende anche valutazioni di ordine economico, molto distanti dall’enfasi dedicata a veri o presunti diritti individuali?», chiede Eusebi che si sofferma anche sul ruolo dei cattolici su questo tema: «I cattolici», scrive, «devono saper suscitare interrogativi non in nome di motivazioni religiose, ma secondo ciò che può indurre ciascuno a riflettere. Evitando di legare la sensibilità bioetica all’uno o all’altro schieramento politico. Così da includerla nel contesto, non frammentabile, della dottrina sociale, al fine di promuovere una visione della democrazia scevra da cedimenti alla cultura dello scarto».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo