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venerdì 13 settembre 2024
 
 

Siamo la maglia nera del fisco

28/06/2013  Oltre la metà dello stipendio se ne va in tasse. La pressione fiscale italiana, oggi pari al 55%, è tra le più alte d’Europa, seguita da Danimarca, Francia e Svezia dove si aggira intorno al 48%.

Oltre la metà dello stipendio se ne va in tasse. La pressione fiscale italiana, oggi pari al 55%, è tra le più alte d’Europa, seguita da Danimarca, Francia e Svezia dove si aggira intorno al 48%. Queste sono le cifre che leggiamo abitualmente, stime fatte con un paragone a spanne con gli altri Paesi e che, probabilmente, ben ci tornano con i conti di famiglia. Ma fare un confronto reale in realtà non è facile, perché si dovrebbe valutare sia l’ammontare delle tasse sia il controvalore restituito ai cittadini sotto forma di servizi gratuiti: per esempio, in Germania e in Italia le tasse pesano più o meno alla stessa maniera sulle famiglie, ma i tedeschi ricevono servizi per un valore di 7.800 euro l’anno, contro i 4.800 euro degli italiani. Inoltre, per fare un paragone effettivamente equo si dovrebbe tener conto del sistema di deduzioni e detrazioni adottate per ciascun Paese.

Per avere un quadro realistico possiamo guardare gli ultimi dati Eurostat, pubblicati poche settimane fa nella relazione "Taxation trends in the European Union": l’indagine raccoglie gli indicatori fiscali in un quadro normativo armonizzato basato sul Sistema europeo dei conti, permettendo così un confronto accurato dei sistemi fiscali. Dati certi, dunque, che confermano come in effetti l’Italia risulta tra i Paesi europei con la maggiore pressione fiscale soprattutto per imposte sul lavoro.

In tutta Europa negli ultimi anni sono aumentate le tasse, con differenze notevoli: tenendo conto del rapporto tra gettito e Pil, si va da aree dove le imposte pesano meno del 30% (Lituania, Bulgaria, Lettonia, Romania, Slovacchia e Irlanda) a Paesi dove rappresenta oltre il 40% (Danimarca, dove sfiora il 50%, ma anche Svezia, Belgio, Francia, Finlandia e Italia). Sono soprattutto le imposte sul lavoro a rimpinguare le casse pubbliche e, da sole, rappresentano la metà delle tasse, seguite dalle imposte sui consumi (pari a un terzo) e quelle sul capitale (che sono solo un quinto). La media Ue del cuneo fiscale è del 35,8%, ma in Italia arriva al 43%: solo in Belgio le aziende pagando tanto, contro il 26% del Regno Unito o il 24% della Bulgaria.

Il 2013 è stato per tutti l’anno per gli aumenti. La media Ue dell’Iva è del 21,3% e sei Stati, tra i quali l’Italia, hanno aumentato l’aliquota (solo la Lettonia l’ha ridotta): si va dai valori più bassi di Lussemburgo (15%) e Cipro (18%) al 25% di Danimarca e Svezia. La più alta è quella pagata dagli ungheresi, pari al 27%. Tasse in aumento un po’ ovunque anche per le persone fisiche: l’Irpef media nell’Ue a 27 è del 38,7% (era del 38,1% un anno fa): le aliquote più alte sono ancora una volta in Svezia (56,6%) e Danimarca (55,6%), seguiti da Belgio e Portogallo (53%) Spagna e Paesi Bassi (52%); le più basse nei Paesi dell’est, da Ungheria e Romania (16%) fino alla Bulgaria (10%).
Ma si tratta di medie e, con lo stesso criterio, l’Irpef pagata in Italia risulterebbe pari al 18,6%. Del resto, nel 2012, metà dei contribuenti ha dichiarato meno di 16mila euro lordi e di questi un quarto non paga un euro di Irpef. Comunque si leggano i numeri, però, una cosa è chiara: il nostro resta uno dei Paesi più tassati e il fisco pesa troppo sul lavoro.

 
 
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