Parlare di risurrezione non è mai stato facile. Evocando il discorso di Paolo all’Areopago di Atene, possiamo tracciare come l’interesse manifestato verso il riuscito sforzo di Paolo di dire il Dio dei cristiani nelle categorie dei filosofi giunga a un brusco calo di audience appena inizia a parlare di risurrezione dalla morte: «Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti sentiremo un’altra volta”» (Atti 17,32). La situazione non cambia molto ai nostri tempi.
Ne possiamo parlare, ma con un certo imbarazzo. E perché meravigliarci? Parlare di risurrezione non è letteralmente parlare di “cose dell’altro mondo”? La difficoltà di parlare di risurrezione sgorga dal fatto che mancano i riscontri. Come mai allora la volta scorsa vi ho promesso che saremmo stati più pragmatici?
Vorrei partire dalla provocazione di un teologo canadese, il gesuita Bernard Lonergan, che parla della conversione, più precisamente del passaggio dall’essere cristiani per tradizione all’essere cristiani per decisione. Questa trasformazione, per Lonergan, costituisce un «evento ontico», una trasformazione tangibile, pragmatica, che può costituire un punto di riferimento innegabile.
Detto in termini più semplici: la persona che cambia in questa vita da uno stile di vita a un altro testimonia una risurrezione. Questa “piccola” risurrezione costituisce in qualche modo una prova empirica, immersa nella fragilità dell’esistenza umana, ma pur sempre una prova che la risurrezione è vera. Possiamo dire che chi testimonia che la risurrezione non è soltanto una lontana speranza, ma che è una reale e tangibile certezza è il cristiano che vive gli effetti della risurrezione, irradia la luce della tomba vuota, sa del profumo fresco del mattino di Pasqua.
A tal proposito, mi piace condividere con voi un aneddoto poco noto di santa Teresina di Gesù Bambino. Madre Agnès riporta ciò che le venne confidato dall’abbé Youf che è stato per qualche tempo cappellano del Carmelo di Lisieux e che, per portare la comunione alle suore malate, veniva accompagnato da Teresina: «Quando vedo la vostra sorella vicino a me nel chiostro mentre sto portando il Santissimo, mi fa sempre pensare al cero benedetto che brucia nelle nostre chiese e di cui la sola vista porta alla preghiera e al raccoglimento». Il cristiano come cero pasquale che testimonia la Pasqua, la risurrezione. Ecco l’augurio per voi e per me.