Si sente molto parlare della fragilità degli adolescenti. Soprattutto dopo il Covid, sembra che il disagio adolescenziale abbia raggiunto livelli elevati: ritiro sociale, abuso di alcolici e di altre sostanze, autolesionismo, attacchi di panico, disturbi alimentari sono le manifestazioni della fatica di crescere di questa generazione.
Lo Stato inizia forse ad accorgersene, e stanzia fondi per la presenza degli psicologi nelle scuole. Come insegnante, mi chiedo se noi adulti possiamo avere qualche responsabilità, sia come causa di questo disagio sia nella incapacità di affrontarlo adeguatamente.
STEFANO
Risposta di Fabrizio Fantoni
– Caro Stefano, forse queste fatiche dei ragazzi possono tramutarsi in opportunità, se incontrano adulti capaci. Perché non sono gli adolescenti a essere fragili, ma gli adulti. Spesso penso che questi adolescenti siano figli di una generazione ansiosa che ha smarrito quella fiducia nel futuro che animava i nostri genitori e che, quindi, diventa pressante sulle prestazioni dei ragazzi, in vista di maggiori garanzie scolastiche e lavorative.
Sono figli di genitori incerti di fronte a cambiamenti tecnologici rapidi che offrono mezzi sempre più potenti, ma più complessi nel loro utilizzo consapevole. I ragazzi, non ancora stabilizzati perché in crescita, assorbono le ansie degli adulti.
Possiamo aiutarli a rafforzarsi, in modo che imparino ad affrontare le avversità? Sì, consolidando, prima di ogni altro apprendimento, quanto di umano c’è in ognuno di loro: la capacità di riconoscere ed esprimere il proprio mondo emotivo, di costruire relazioni buone con gli altri, di accettare la sfi da della complessità con le sue fatiche.
Riconoscendo che un adolescente che ha attraversato ed elaborato bene la sua sofferenza può diventare un adulto più sicuro e consapevole.